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Perché Gurdjieff rinominò i 4 Elementi dell'Alchimia con i termini "Idrogeno, Carbonio, Azoto, Ossigeno"?


Cominciamo con il considerare l'etimologia di questi termini, in quanto si tratta di parole coniate in tempi recenti, e questo potrebbe contenere qualche indizio, in senso favorevole o contrario, per comprendere la forma di linguaggio scelta da Gurdjieff. Cominceremo dal termine "azoto", perché l'etimologia rivela già qualcosa d'interessante. Il termine "azoto" deriva dal francese azote, una parola coniata nel 1787 dal chimico francese Antoine Lavoisier (o, secondo altre fonti, da Louis-Bernard Guyton de Morveau con l'approvazione di Lavoisier). La parola francese azote deriva dal greco antico a- (alfa privativa, che indica negazione) e zoḗ (vita). Quindi, letteralmente, "azoto" significa "senza vita" o "non vivificante". Questa denominazione fu scelta perché, all'epoca della sua scoperta e analisi (alla fine del XVIII secolo), si osservò che l'azoto, da solo, (che costituisce circa il 78% dell'aria che respiriamo) non era in grado di sostenere la combustione né la vita animale. Gli scienziati notarono che, se si rimuoveva l'ossigeno dall'aria, gli animali morivano, pur essendo l'azoto ancora presente. Pertanto, lo considerarono un gas inerte per quanto riguarda il mantenimento della vita, da cui il nome "senza vita". È un po' un paradosso, considerando che oggi sappiamo che l'azoto è un elemento fondamentale per la vita, essendo un componente essenziale di proteine, acidi nucleici (DNA e RNA) e molte altre molecole biologiche. Tuttavia, questa importanza metabolica non era nota ai tempi di Lavoisier. È interessante notare che in inglese e in altre lingue il nome per l'azoto è "nitrogen". Questo termine ha un'etimologia diversa: deriva dal greco nítron (salnitro, che è un nitrato) e gennáo (generare), quindi "generatore di salnitro" o "che genera salnitro", riferendosi alla sua capacità di formare i nitrati (generatore di sale; come se fosse il "sale della vita"). Nella Quarta Via il termine "azoto" è associato alla materia che trasmette la "forza neutralizzante", ed è considerata come "spirito santo", quindi una materia altamente vivificante, tant'è che l'unica materia che viene considerata "morta" in fondo alla "scala degli idrogeni", è proprio una materia (o "idrogeno") alla quale non arriva lo "spirito santo" dall'alto, ossia una materia che è talmente lontana, che la forza neutralizzante proveniente dall'alto del processo involutivo - ossia, il riflesso della volontà iniziale di Dio quando concilia le due forze opposte nell'atto iniziale di creazione dell'universo - non riesce a giungere. Quindi, nell'ambio della Quarta Via, l'unica "materia morta" dell'universo ad essere considerata morta è quella priva di azoto proveniente dall'alto, ossia azoto ancora "vivificante". Questo, come abbiamo visto, è in totale contraddizione con le concezioni che condussero gli scienziati alla scelta di questo nome nella versione francese. L'ultima materia della tavola degli idrogeni è morta proprio perché non arriva l'azoto, che è una materia vivificante. Quindi, appare già evidente che l'utilizzo che ne fa Gurdjieff deve avere un'altra spiegazione, sempre rintracciabile all'interno della scienza, altrimenti non avrebbe utilizzato quei termini scientifici. Tuttavia, le proprietà dell'azoto della chimica si rivelano conformi alla forza neutralizzante, il suo essere inerte dipende dalle stesse ragioni che rendono inerti i gas nobili. In queste materie che trasmettono la forza neutralizzante, le tre forze sono proporzionalmente bilanciate. E le tre forze esterne entrano nella concentrazione ugualmente bilanciate, per questo hanno un comportamento definito "inerte". Sono "materie isolanti" rispetto ai flussi delle tre forze che avvengono tra le altre materie elettropositive ed elettronegative. L'azoto ha infatti 7 protoni, 7 neutroni e 7 elettroni. Forza attiva, neutralizzante e passiva, sono tutte allo stesso livello. Questo vale anche per i gas nobili, per la materia detta "ambra", la ceramica, e così via. Blavatsky, che utilizzò queste denominazioni qualche tempo prima di Gurdjieff, applicava ad esse delle concezioni totalmente diverse dalle idee espresse da Gurdjieff in relazione a queste denominazioni. Abbiamo accennato al significato che Gurdjieff attribuiva al termine "azoto", ora vediamo cosa intendeva per "idrogeno". Il termine "idrogeno" indicava la "materia considerata al di là delle forze che l'attraversano". Sebbene, ogni idrogeno sia formato da una triade di carbonio, azoto e ossigeno, possiamo considerare la materia da un punto di vista non dinamico, quindi più spaziale che temporale, più materiale che energetico, per osservare l'architettura cosmica che queste materie formano, i mattoni, la struttura in un'immagine statica, che non è falsa rispetto all'immagine dinamica data dalla danza delle tre forze: attiva, neutralizzante e passiva, o carbonio, azoto e ossigeno. Non è falsa, né contraddice l'aspetto dinamico, in quanto pur esistendo dinamicamente, la struttura resta immutata, perché l'azione della legge del sette e del tre è cosmica e universale, onnipresente in ogni scala, e la struttura stessa è determinata dalla legge del sette unita alla legge del tre. Tuttavia, è corretto affermare che la struttura statica, o per meglio dire, l'architettura dell'universo, è possibile solo se questa stessa struttura incarna in sé un dinamismo. C'è da notare anche che, sebbene il concetto di idrogeno consideri la materia al di là delle forze che l'attraversano, ossia a prescindere dal moto e dal tempo, eppure la tavola degli idrogeni esprime prevalentemente un aspetto qualitativo più che un aspetto quantitativo, perché mostra livelli di frequenza e qualità della materia. Quindi è la materia osservata nella sua architettura, sia in termini spaziali, ma anche nella sua architettura qualitativa, che riguarda la materialità della materia, che pur sorgendo dal dinamismo delle tre forze, viene qui "congelata" un'immagine statica, come se la potessimo osservare dal punto di vista dell'Assoluto stesso. Tutto ciò è ben lontano sia dalla scienza moderna e sia dalla Blavatsky. Infine, secondo Gurdjieff, i termini "Carbonio" e "Ossigeno", andavano intesi come materie che trasmettevano rispettivamente la forza attiva (+) e la forza passiva (-). Sebbene in articoli precedenti abbiamo fatto notare che nell'ambito della chimica dell'800, Johann Wolfgang Döbereiner notò alcuni risultati della legge del tre nella tavola periodica degli elementi, e John Newlands gli effetti della legge dell'ottava, questo è ben lontano dal dire che questi due chimici avessero scoperto e compreso le due leggi fondamentali. Erano lontanissimi dal sospettare che dietro si celassero due leggi fondamentali cosmiche, e ancor più lontani da comprendere la natura stessa e il significato delle due leggi cosmiche fondamentali. Sarebbe assurdo ritenere che Gurdjieff abbia tratto ispirazione da questi due chimici, quando la legge del tre è presente in tantissime dottrine religiose molto più antiche della chimica moderna, e la legge del sette possiamo rintracciarla in Pitagora, e persino nell'antichissima suddivisione in sette giorni della nostra settimana, nonché nelle leggi che regolano i rapporti matematici musicali, e quelli di qualsiasi insieme di vibrazioni. Ma sappiamo bene che le fonti orientali a cui Gurdjieff attinse, ci sono pressoché ignote. Persino quando fa riferimento al suo iniziale studio teorico dell'ipnotismo, ci riferisce che nel suo studio utilizzò moltissimi testi orientali sull'ipnotismo, la cui comprensione di questa scienza era notevolmente superiore a tutte le teorie occidentali in materia. La scienza moderna non ne sa nulla delle due leggi fondamentali (del sette e del tre), e in ambito scientifico sono gravità, elettromagnetismo, forza nucleare forte e forza nucleare debole, ad essere considerate come le quattro "interazioni fondamentali", mentre in termini di "leggi" valgono tutte le varie teorie scientifiche, o paradigmi, i quali sono quasi sempre in contraddizione con le idee di Gurdjieff. Le quattro interazioni della fisica non possono essere considerate come fondamentali, perché l'intensità della loro azione cambia al mutare della scala. La gravità perde quasi tutta la sua azione nella scala delle molecole, e passa il testimone alla forza elettromagnetica. Questo indica di per sé che non sono forze fondamentali, e quindi anche le leggi ricavate da queste forze non posso essere fondamentali. Le quattro interazioni sono soltanto effetti successivi di cause fondamentali che giacciono nelle due leggi fondamentali (del tre e del sette). L'azione delle due leggi realmente fondamentali è onnipresente in tutte le scale, dalla scala subatomica fino al megalocosmo, senza perdere mai d'intensità. Del resto, nella scienza, la gravità non è stata compresa. Non si è compreso che ciò che assorbe un corpo celeste è proprio ciò che gli permette di allontanarsi dal centro di gravità attorno al quale ruota, e ciò che emana è ciò che gli permette di avvicinarsi al centro di gravità, e questi due movimenti sono bilanciati dalla terza forza che è la massa stessa del corpo celeste in questione. Questa è la vera dinamica che produce gli effetti gravitazionali che osserviamo. La forza di gravità è strettamente collegata ai processi entropici e sintropici di un corpo celeste, ossia ai suoi processi involutivi ed evolutivi, non soltanto alla sua massa, che è solo una forza delle tre forze che generano la gravità. La teoria del Big Bang come spiegazione dell'origine dell'universo è totalmente diversa dalla cosmologia della Quarta Via. L'universo della scienza sorge da eventi casuali, quindi dal basso, dalla meccanicità, nell'universo di Gurdjieff, ogni cosa viene dall'alto, e la meccanicità non è altro che una degradazione e scomposizione della volontà originaria unica. Quindi, mentre nella scienza la meccanicità un fattore di esclusione di qualsiasi principio intelligente superiore e intenzionale, nella quarta via la meccanicità è la prova stessa che esiste Dio, e una volontà unica iniziale. Nell'universo della scienza, prima del Big Bang, abbiamo una "singolarità", che è solo un costrutto matematico che indica un punto a densità e temperatura infinite. Una cosa totalmente diversa dallo stato iniziale del Sole Assoluto. Una volta verificatosi il Big Bang, nell'universo concepito dalla scienza moderna, non esiste alcun centro assoluto, perché l'universo è ritenuto omogeneo e isotropo, il famoso Principio Cosmologico. Mentre nell'universo di Gurdjieff il centro assoluto è presente, ed è il Sole Assoluto. L'assenza di questo centro assoluto nella cosmologia della scienza, conduce gli scienziati a immaginare vari possibili scenari di morte dell'universo, a causa dell'aumento dell'entropia universale. Non sanno nulla che il Sole Assoluto, o Mr. God, come direbbe Gurdjieff, ha già risolto il problema. Sebbene Gurdjieff faccia riferimento in modo molto critico agli esperimenti dei terrestri nel tentativo di trovare un sistema di moto perpetuo senza l'utilizzo di forze esterne, ossia in totale ignoranza della legge del sette, questo non significa che Gurdjieff si sia ispirato alle leggi della termodinamica per elaborare la sua cosmologia e cosmogonia. La prova che una cosa simile è impossibile e totalmente assurda, la troviamo nel simbolo più famoso della Quarta Via: L'Enneagramma. Questo simbolo esprime il "moto perpetuo", ed è un simbolo molto più antico della termodinamica. Tant'è che nel suo "Belzebù" critica anche la termodinamica stessa (il matematico che attraverso calcoli comprensibili solo a lui dimostrò che il moto perpetuo era impossibile), perché pur dimostrando che il moto perpetuo non è possibile senza l'apporto di forze esterne, questa teoria non ha mai colto il significato cosmico che un tale principio rivela. Se consideriamo la teoria dei quanti di Planck, da cui poi nascerà la fisica quantistica, è bene dire che la discontinuità del quanto riguarda solo l'energia stessa, mentre la discontinuità di cui parla Gurdjieff riguarda la struttura stessa di realizzazione a cui questa energia è sottoposta. Questa è la prima differenza basilare, poi la discontinuità di Gurdjieff diventa anche il fattore che permette l'interdipendenza tra ogni cosa esistente, poiché ogni cosa deve colmare l'intervallo dell'ottava di qualcos'altro, quindi tutto è costretto a sostenersi a vicenda, quindi questo tutto sostiene Dio stesso, e Dio sostiene il tutto per mezzo della sua emanazione incessante. In merito a questa emanazione, possiamo notare un'altra differenza tra la cosmologia di Gurdjieff e l'universo presentatoci dalla scienza. Nell'universo di Gurdjieff la creazione è continua, non è un atto avvenuto tempo fa e poi Dio è andato in pensione. Dio continua incessantemente ad emanare, quindi a creare. Niente può esistere senza emanare qualcosa e nello stesso tempo prendere, ossia nutrirsi. Mentre nella scienza, il Big Bang è un fenomeno che una volta avvenuto non si ripete più, e tutto procede meccanicamente e casualmente. L'utilizzo da parte di Gurdjieff dei termini: idrogeno, carbonio, azoto e ossigeno - presentati nella "Tavola degli Idrogeni", ossia in una struttura universale che va dalla materia più densa e morta, fino a Dio, potrebbe essere un messaggio indiretto di Gurdjieff in contrapposizione all'idea scientifica che quei quattro elementi siano la base per la "vita organica" distinta da una presunta e inesistente "vita inorganica", o morta. Utilizzando queste denominazioni a livello universale, Gurdjieff probabilmente espresse ciò che aveva già dichiarato a parole: Tutto è vivo nell'universo - e quindi in contraddizione con il paradigma scientifico che aveva condotto alla falsa dicotomia tra "chimica organica" e "chimica inorganica", tra ciò che è vivo e ciò che andrebbe considerato morto, ma che morto non è. Infine, Gurdjieff criticò sia l'alchimia che la chimica e la sua pretesa di scientificità. Criticò quell'alchimia che era ormai degenerata in idee fantasiose, e la chimica perché aveva letteralmente gettato il bambino assieme all'acqua sporca, in quanto ignorava sia le leggi fondamentali che permettevano l'esistenza degli elementi chimici, e sia le proprietà psichiche e cosmiche della materia, considerando che, nel suo eccesso di razionalismo intellettuale, si era concentrata solo ed esclusivamente sulle proprietà fisiche e chimiche. Ad ogni modo, gli elementi chimici - idrogeno, carbonio, azoto e ossigeno, in relazione alla loro densità di materia, o se vogliamo, rispetto al loro grado di vibrazione - esprimono, quantomeno carbonio, azoto e ossigeno, una relazione conforme ai concetti espressi da Gurdjieff. Carbonio, azoto e ossigeno, considerando la loro densità, sono davvero nello stesso rapporto in cui sono le tre forze della legge del tre, rispettivamente forza attiva, forza neutralizzante e forza passiva. L'elemento chimico "idrogeno" non presenta nulla, almeno in apparenza, che possa ricondurre al concetto di "idrogeno" come espresso da Gurdjieff. Il concetto di "idrogeno" di Gurdjieff sembrerebbe avere una stretta relazione con il concetto di Eternokrilno, in quanto l'Okidanokh si indentifica facilmente con le tre forze - carbonio, azoto e ossigeno. Entrambi, "Idrogeno" ed "Eterokrilno", esprimono il numero 4, il quadrato, mentre le 3 forze sono il triangolo. Il quadrato indica la materia. Il triangolo indica l'energia. E Gurdjieff attribuisce all'eternokrilno la proprietà di conferire l'attributo di "materia" a ciò che compie l'okidanokh, che sembrerebbe non potersi definire "materiale" senza l'eternokrilno. Ossigeno significa "generatore di acidi", una buona immagine per indicare una forza che produce involuzione e dissoluzione, una forza passiva. Carbonio deriva dal termine "carbone" (inteso come carbone di legna o combustibile), associato anche alla brace, quindi al fuoco. Anche questa è una buona immagine per esprimere la forza attiva, o secondo il linguaggio dell'alchimia, l'elemento "Fuoco". Per quanto riguarda l'idea di "Etere" nell'ambito della scienza, non ha senso affermare che Gurdjieff ha tratto ispirazione da una cosa simile per elaborare il suo "Etherokrilno" (a volte scritto anche "Ethernokrilno"). L'etere concepito dalla scienza è molto diverso all'etherokrilno di Gurdjieff. L'unica cosa che si avvicina un po' all'idea di Gurdjieff è l'Ākāśa. Questo è il termine sanscrito più direttamente riconducibile all'idea di "etere" o "spazio" nella filosofia indiana, in particolare nelle tradizioni dell'Induismo, dello Yoga e dell'Ayurveda. L'Akasha è spesso considerato il quinto dei "cinque grandi elementi" (Pañca Mahābhūta), insieme a Vāyu (aria), Agni (fuoco), Jala (acqua) e Pṛthivī (terra). È il più sottile di tutti gli elementi, incorporeo e onnipresente. L'Akasha è la base per l'esistenza di tutte le cose, lo "spazio" in cui tutto esiste e si manifesta. È l'essenza primordiale da cui gli altri elementi più densi derivano. La sua qualità primaria è il suono (Shabda), in quanto lo spazio è il mezzo attraverso cui il suono (o Theomertmalogos) può propagarsi. Per concludere va detto che, in ambito scientifico e cosmologico, l'Energia Oscura - a cui si attribuisce l'accelerazione dell'espansione dello spazio, quindi l'allontanamento tra gli ammassi di galassie su grandissima scala dove la forza antigravitazionale dell'energia oscura prevale sulla forza coesiva della gravità - andrebbe considerata come un effetto rilevabile causato dall'emanazione di Dio dopo che le tre forze, interagendo con l'eternokrilno, hanno dato origine all'Okidanokh Onnipresente. Questo effetto antigravitazionale dell'energia oscura è l'effetto più vicino mai osservato in relazione alla causa che è l'emanazione di Dio, o Sole Assoluto. Quindi potremmo dire che, ed è solo apparentemente paradossale, l'energia oscura è anche la causa della gravità stessa, ovvero la sua spinta antigravitazionale diventa causa della forza coesiva gravitazionale. La forza che fa accelerare ed espandere lo spazio è la stessa forza che genera concentrazioni sotto forma di galassie. In altre parole, coesione e repulsione, sono due aspetti di un unico fenomeno simultaneo, il quale si presenta in modo duale e opposto solo perché osserviamo la sua azione su due scale differenti. 





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