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Gurdjieff e la Vera Morte


Allora gli dissero: «Che cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?». Gesù rispose e disse loro: «Questa è l'opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato». Giovanni 6:28-29

La manifestazione ultima del peccato persistente può essere intesa come uno stato di sonno spirituale assoluto – un'esistenza di non risveglio – che culmina nella vera morte. Questa vera morte significa una profonda separazione da Dio, uno stato descritto da Cristo come "pianto e stridore di denti" (Matteo 8:12). Per Gurdjieff, questa condizione trova la sua controparte nell'"hassnamuss", termine che indica individui che, per scelta personale, rimangono perpetuamente intrappolati nel proprio ego e per sempre separati da Dio. Tali individui sono incapaci di percepire, e tanto meno di connettersi con, realtà che trascendono la loro esistenza egocentrica. Qualunque parte di noi possa sopravvivere al processo della morte, per la sua transizione, ha bisogno necessariamente di "assistenza" da una fonte superiore. E questa assistenza può arrivare solo se si è preparata in anticipo la consapevolezza della sua possibile presenza al momento della verità. Per coloro che credono che non ci sia nulla dopo la morte e non cercano oltre, ironicamente, non fanno altro che rassicurarsi di questo stesso nulla. Il messaggio di Cristo sull'amore sconfinato ed eterno di Dio, un dono offerto gratuitamente all'umanità, è, tragicamente, spesso accolto con rifiuto. È come se la nostra specie faticasse ad accettare un dono che giunge senza condizioni. Eppure, nell'abbracciare questo Amore risiede la chiave per entrare in contatto con la realtà ultima che cerchiamo. Per Gurdjieff, questo principio si allinea con l'idea che tutto ciò di cui abbiamo bisogno per il risveglio sia già presente dentro e intorno a noi. Tuttavia, questa verità viene spesso ignorata, poiché l'umanità continua a dare priorità al mondo esterno rispetto a quello interiore, considerando la vita interiore meno reale, meno significativa e meno degna di attenzione. Questa persistente svalutazione della sfera interiore non fa che perpetuare la stagnazione e l'alienazione spirituale, con tutte le conseguenze che ne derivano.

Il vero ateismo conduce al narcisismo estremo, poiché nega qualsiasi intelligenza diversa dalla propria.
Il vero agnosticismo rimane egoistico, poiché la sua posizione predefinita è l'ateismo.
Il vero teismo conduce alla liberazione dell'ego, poiché ammette un'intelligenza superiore alla propria.

Devo ancora incontrare un vero ateo, agnostico o teista!

"Se non c'è un ideale superiore a cui tendere, allora c'è solo qualcosa di inferiore da assecondare".



Fonte: Faith made Flesh





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