«Non ti farai immagine alcuna, né di ciò che è lassù nel cielo, né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra» (Es 20,4). Così si afferma nei dieci comandamenti del Monte Sinai che costituiscono la pietra angolare della mono-etica rivelata da Dio. Ma qual è il significato profondo di questa proibizione delle immagini? Si potrebbe affermare che è una profilassi spirituale contro «la calcificazione teologica delle arterie». Infatti, non appena si fissa Dio in un'unica scultura, in un'unica definizione o in una determinata immagine, si toglie ogni libero campo alla fantasia, alla capacità di immaginazione e comincia la storia dell'immagine di Dio congelata. Grazie alla proibizione delle immagini ognuno ha la possibilità di pensare la sua propria immagine di Dio. E così Dio resta vivo, dinamico e aperto alla sua infinita varietà di rappresentazioni. Questa riflessione non potrebbe servire anche a tanta teologia femminista che vorrebbe, da parte sua, inchiodare Dio in una rappresentazione femminile? Nonostante tutto l'impegno per la necessaria e da tempo dovuta uguaglianza della donna, ora l'immagine di Dio non dovrebbe essere definitivamente fissata al femminile, così come si è fatto in passato al maschile! Si dovrebbe riflettere sulle tre parole più alte e consolanti della sacra Scrittura dette da Dio a Mosè nella sua auto-rivelazione del roveto ardente: «lo sarò chi sarò» (Es 3,14). Questa risposta è e rimane al di sopra di ogni distinzione sessuale. Ma essa è stata e continua ad essere mal tradotta nella maggior parte delle versioni della Bibbia e resa con «lo sarò Colui che sarò». Nessuna meraviglia quindi che questa mascolinizzazione, assolutamente contraria al testo, abbia potuto generare le rappresentazioni europee di un marziale Dio delle battaglie, nel cui nome molte Chiese hanno benedetto le armi. In guerra questo Dio è stato continuamente supplicato dagli uni e dagli altri di distruggere la controparte, cioè «il nemico». Forse è stata proprio questa pseudo-teologia maschile c maschilista a generare, in ultima analisi, l'opposizione femminista. In questo campo la Bibbia ebraica potrebbe contribuire alla riconciliazione. In essa, infatti, si parla spesso di Dio come Elohim. Si tratta di un pluralia tantum, di un'espressione grammaticale che intende rendere conto proprio della molteplicità - né maschile né femminile - degli attributi divini. Infatti, in ogni tempo e in ogni luogo, nelle situazioni infinitamente mutevoli del bisogno e della sofferenza, ma anche della gioia e del ringraziamento, aleggiano davanti ai nostri occhi svariate immagini di Dio. Quindi, lasciate che gli uni gridino verso il «Signore degli eserciti», perché li liberi dal giogo di un brutale oppressore, che gli altri lo supplichino in un momento di grande bisogno, come se fosse una levatrice, e che coloro che devono assolutamente esprimere il ringraziamento giubilino, come se fosse l'amante così ardentemente descritto dal Cantico dei Cantici. Il Libro dei Libri non manca certamente di queste e altre stimolanti rappresentazioni di Dio!
Fonte: Bibbia Tradotta, Bibbia Tradita (Pinchas Lapide)