Nel pantheon delle certezze moderne, la scienza si erge come un faro di razionalità, un baluardo contro le nebbie della superstizione e del dogma. Ci viene insegnato che il suo metodo, basato sull'osservazione, l'esperimento e la verifica, la rende intrinsecamente superiore a qualsiasi altra forma di indagine sulla realtà. Ma è davvero così? O siamo di fronte a una narrazione auto-celebrativa, una nuova forma di credenza travestita da verità inconfutabile? L'argomento è spesso liquidato con un'alzata di spalle: "La scienza funziona! Ci ha dato la tecnologia, la medicina, la comprensione dell'universo!" E indubbiamente, i suoi successi pratici sono innegabili. Ma la funzionalità non equivale a oggettività assoluta, né a una comprensione ultima e priva di pregiudizi. La vera questione risiede nelle fondamenta epistemologiche su cui la scienza pretende di poggiare, fondamenta che, a un'analisi più attenta, rivelano crepe profonde. Consideriamo la singolarità prima del Big Bang o l'esistenza stessa di un "inizio" dell'universo. Queste non sono osservazioni dirette, ma inferenze complesse che assumono significato solo all'interno di un quadro teorico preesistente. Ogni "dato" scientifico, ogni "prova indiretta", non è un'entità neutra che si impone al ricercatore. Al contrario, è un'informazione che acquisisce rilevanza e interpretabilità solo quando viene filtrata attraverso un "paradigma" – un insieme di assunti, teorie, valori e tecniche condivisi da una comunità scientifica. È qui che risiede il cuore della questione: il paradigma. Non esiste un esperimento, per quanto ingegnoso, che possa dimostrare la correttezza intrinseca di un paradigma rispetto a un altro. La scelta di un paradigma non è un atto puramente oggettivo, ma è influenzata da fattori storici, culturali, sociali e, sì, anche soggettivi. La "verità" scientifica, lungi dall'essere una scoperta neutrale, è una costruzione che emerge da un dialogo continuo (e spesso conflittuale) all'interno di una comunità che opera entro confini concettuali autoimposti. L'idea che la scienza sia un metodo di indagine "più oggettivo e meno scevro da errori" è, in fondo, una pretesa ipocrita. Non esiste in nessun modo e grado una "de-soggettivazione". Ogni dato, ogni esperimento, persino la formulazione stessa di una domanda di ricerca, è intriso delle interpretazioni e delle aspettative derivanti dal paradigma assunto. Un fenomeno che in un paradigma è una "prova schiacciante", in un altro potrebbe essere un'anomalia da ignorare o un dato irrilevante. La storia della scienza è costellata di "rivoluzioni" in cui interi paradigmi sono stati rovesciati, non perché fossero "sbagliati" in senso assoluto, ma perché un nuovo paradigma offriva una spiegazione più "elegante", più "fruttuosa" o semplicemente più "accettabile" per la comunità. La scienza, quindi, non è meno soggettiva di altre forme di conoscenza, ma la sua soggettività è mascherata da un linguaggio di precisione matematica e da un'aura di infallibilità. Non è una ricerca della Verità con la V maiuscola, ma un processo dinamico di costruzione di modelli e interpretazioni che, per quanto utili e predittivi, rimangono intrinsecamente legati ai presupposti da cui partono. In questo senso, la scienza è, in effetti, una nuova forma di religione. Ha i suoi dogmi (i paradigmi dominanti), i suoi sacerdoti (gli scienziati acclamati), i suoi riti (la metodologia sperimentale) e le sue eresie (le teorie che sfidano lo status quo). La sua pretesa di superiorità non deriva da una maggiore oggettività, ma da un'efficacia pragmatica e da un'abilità nel plasmare il mondo materiale. Ma confondere l'efficacia con la verità è il più grande inganno che la scienza moderna perpetra, spesso in buona fede, ma con conseguenze profonde sulla nostra percezione della conoscenza e della realtà. È tempo di smascherare questa menzogna dell'oggettività e riconoscere la scienza per quello che è: un potente, ma pur sempre umano, sistema di credenze e interpretazioni. Quindi gli stessi dati si prestano sia come prova indiretta del Big Bang e sia come prova indiretta di Dio. Ogni cosa non è realmente una prova indiretta, ma un mero pretesto per giustificare il proprio sistema di credenze. Nessuna delle due interpretazioni può avere un maggior peso rispetto all'altra. Dipende dal sistema di credenze assunto.
Il Punto di Vista Filosofico: Dalla Ricerca della Verità Assoluta alla Convenzione Pragmatica
Filosoficamente, la pretesa di oggettività della scienza deriva da un lungo retaggio epistemologico che ha cercato di fondare la conoscenza su basi incrollabili. L'illuminismo e il positivismo, in particolare, hanno promosso l'idea che, attraverso l'osservazione empirica e la logica, si potesse raggiungere una comprensione della realtà sempre più accurata e universale. Si è radicata la convinzione che esista una verità indipendente dall'osservatore, e che il metodo scientifico sia l'unico strumento in grado di disvelarla. Tuttavia, pensatori come Karl Popper e Thomas Kuhn hanno scosso queste certezze. Popper, con il suo principio di falsificabilità, ha mostrato che le teorie scientifiche non possono mai essere verificate definitivamente, ma solo falsificate. Questo significa che la scienza procede per eliminazione degli errori, non per accumulo di verità assolute. Le teorie sono ipotesi di lavoro, non dogmi inattaccabili. Kuhn, con il concetto di paradigma e rivoluzioni scientifiche, ha dimostrato come la scienza non progredisca in modo lineare e cumulativo, ma attraverso periodi di "scienza normale" dominati da un paradigma accettato, interrotti da "crisi" che possono portare a un cambio radicale di paradigma. Ciò implica che la "verità" in un dato momento storico è costruita all'interno di un quadro concettuale specifico, e non è necessariamente commensurabile con la "verità" di un altro paradigma. La scelta di un nuovo paradigma non è solo una questione di prove empiriche, ma anche di convinzione, persuasione e fattori sociali all'interno della comunità scientifica. In questo senso, la scienza si rivela meno come la scoperta di una realtà oggettiva e più come una costruzione sociale e intellettuale, un accordo su come interpretare i fenomeni. La pretesa di oggettività diventa quindi una convenzione necessaria per il funzionamento del sistema, un modo per dare stabilità e autorità alle conclusioni raggiunte, piuttosto che una descrizione fedele della sua natura intrinseca.
Il Punto di Vista Psicologico: La Necessità Umana di Certezza e Controllo
Sul piano psicologico, la tendenza della scienza a presentarsi come oggettiva e superiore è profondamente radicata nelle esigenze cognitive e emotive umane. Viviamo in un mondo complesso e incerto, e la mente umana cerca naturalmente di ridurre l'ambiguità e prevedere gli eventi per garantirsi un senso di sicurezza e controllo. La scienza, con il suo linguaggio preciso, i suoi metodi rigorosi e la sua capacità di generare previsioni (spesso) accurate, offre una sensazione di certezza e affidabilità. Ci fornisce spiegazioni che, pur essendo all'interno di un paradigma, sembrano dare un ordine al caos, un senso ai fenomeni apparentemente casuali. Questo soddisfa un bisogno psicologico profondo di coerenza e significato. Inoltre, l'essere umano ha una propensione a credere nell'autorità. Se un sistema di conoscenza si presenta come "oggettivo" e "basato sui fatti", acquisisce automaticamente un'aura di autorevolezza e infallibilità. Accettare le conclusioni scientifiche senza troppe critiche permette di delegare il compito di comprendere il mondo a esperti, alleviando il carico cognitivo e il disagio dell'incertezza. Questo può portare a una visione dogmatica della scienza, dove le affermazioni scientifiche vengono accettate come verità assolute, analogamente a come i dogmi religiosi vengono accolti dai fedeli. Infine, c'è un elemento di bias di conferma: una volta che ci si abitua a considerare la scienza come l'unica fonte di conoscenza valida e oggettiva, si tende a cercare e interpretare le informazioni in modo da confermare questa convinzione, ignorando o sminuendo ciò che la contraddice. Questa dinamica psicologica rafforza l'illusione di una superiorità intrinseca del metodo scientifico, trasformandola in una forma di credenza radicata che difficilmente viene messa in discussione. La "falsa luce" non è quindi solo una pretesa, ma anche il risultato di profonde inclinazioni umane.