Diogene Laerzio, una figura enigmatica di cui si sa poco al di fuori della sua opera, ci ha lasciato un'eredità inestimabile: le "Vite e Dottrine dei Filosofi Illustri" (in greco antico: Βίοι καὶ γνῶμαι τῶν ἐν φιλοσοφίᾳ εὐδοκιμησάντων). Quest'opera monumentale, composta probabilmente nel III secolo d.C., è la fonte principale di informazioni sulla vita e il pensiero di molti filosofi greci, dai presocratici fino ai filosofi ellenistici. Senza di essa, gran parte della nostra conoscenza sulla filosofia antica sarebbe irrimediabilmente perduta.
L'Autore e il Contesto
Poco si sa di Diogene Laerzio stesso. Il suo nome suggerisce un'origine da Laerte, in Cilicia, ma non vi è certezza. La datazione della sua opera è controversa, ma la maggior parte degli studiosi la colloca nel III secolo d.C., basandosi su riferimenti interni e sul fatto che l'ultimo filosofo menzionato è un discepolo di Epicuro vissuto in quell'epoca. È probabile che Diogene Laerzio fosse un doxografo, ovvero un compilatore di opinioni filosofiche, piuttosto che un filosofo originale. La sua opera riflette un'epoca in cui la filosofia greca era ancora studiata e apprezzata, ma la sua vitalità creativa stava diminuendo, e l'interesse si spostava verso la conservazione e la sistematizzazione del sapere precedente.
Struttura e Contenuto dell'Opera
Le "Vite e Dottrine" sono divise in dieci libri, organizzati in modo cronologico e per scuole filosofiche. Diogene Laerzio inizia con i Sette Saggi e procede attraverso le varie correnti di pensiero:
Libro I: I Sette Saggi (Talete, Solone, Chilone, Pittaco, Biante, Cleobulo, Periandro) e filosofi presocratici come Anassimandro e Anassimene.
Libro II: Socrate e i Socratici minori (Senofonte, Eschine, Aristippo, Antistene, Fedone, Euclide, Stilpone, Critone, Simmia, Cebete, Glaucone, Simmone).
Libro III: Platone.
Libro IV: L'Accademia platonica (Speusippo, Senocrate, Polemone, Cratete, Crantore, Arcesilao, Lacide, Carneade, Clitomaco, Filone, Antioco).
Libro V: Aristotele e il Peripato (Teofrasto, Stratone, Licone, Aristo di Ceo, Critolao, Diodoro, Eudemone, Falerio).
Libro VI: I Cinici (Antistene, Diogene di Sinope, Cratete di Tebe, Ipparchia, Metrocle, Menippo, Menedemo).
Libro VII: Gli Stoici (Zenone di Cizio, Cleante, Crisippo, Zenone di Tarso, Diogene di Babilonia, Antipatro, Panezio, Posidonio, Apollodoro, Dionisio, Eraclide, Sfero).
Libro VIII: Pitagora, Empedocle, Eraclito e altri filosofi (Epicarmo, Archita, Alcmeone, Ippaso, Filolao, Eudoxo).
Libro IX: Eleati (Senofane, Parmenide, Zenone di Elea, Melisso), Atomisti (Leucippo, Democrito, Protagora, Anassagora, Archelao, Metrodoro, Diogene di Apollonia, Anassarco, Pirrone, Timone).
Libro X: Epicuro.
Per ogni filosofo, Diogene Laerzio fornisce una biografia, spesso ricca di aneddoti, un elenco delle sue opere, le sue dottrine principali e, in alcuni casi, citazioni dirette o frammenti delle sue opere. La sua metodologia è eclettica: attinge a una vasta gamma di fonti, alcune delle quali sono andate perdute, e combina elementi biografici con esposizioni dottrinali.
L'Importanza dell'Opera
Le "Vite e Dottrine" sono di importanza capitale per diverse ragioni:
Fonte Primaria: Per molti filosofi, Diogene Laerzio è l'unica o la più completa fonte di informazione che possediamo. Senza di lui, la nostra conoscenza di figure come Talete, Anassimandro, Diogene di Sinope o gran parte dei Socratici minori sarebbe estremamente lacunosa.
Doxografia: L'opera è un esempio prezioso di doxografia antica, un genere letterario che mirava a raccogliere e presentare le opinioni dei filosofi. Ci offre uno spaccato del modo in cui la storia della filosofia era concepita e tramandata nell'antichità.
Aneddoti e Curiosità: Diogene Laerzio include numerosi aneddoti, spesso pittoreschi e divertenti, che, sebbene non sempre storicamente accurati, contribuiscono a rendere i filosofi figure più vive e accessibili. Questi racconti ci offrono anche uno sguardo sulla percezione popolare dei filosofi nel mondo antico.
Frammenti di Opere Perdute: L'opera conserva frammenti e citazioni dirette di testi filosofici che altrimenti sarebbero andati perduti. Il decimo libro, dedicato a Epicuro, è particolarmente significativo, poiché contiene tre lettere complete di Epicuro (a Erodoto, a Pitocle e a Meneceo) e le "Massime Capitali", che sono tra le poche opere epicuree giunte a noi integralmente.