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Tra Simbolismo e Filologia: Il Viaggio di Pascoli nel Mondo Dantesco


Giovanni Pascoli, figura centrale della letteratura italiana a cavallo tra Ottocento e Novecento, non fu solo un poeta sublime, ma anche un acuto filologo e un instancabile studioso di Dante Alighieri. Il suo rapporto con il Sommo Poeta fu un dialogo costante, un confronto intellettuale e spirituale che permeò gran parte della sua produzione critica e, in modo più sottile, anche quella poetica. L'interesse di Pascoli per Dante non si limitò a una mera ammirazione, ma si tradusse in un impegno profondo e innovativo, che contribuì a ridefinire la comprensione della Divina Commedia e del suo autore in un'epoca di grandi fermenti culturali. L'approccio di Pascoli a Dante si distinse per la sua originalità. Lontano dalle interpretazioni puramente allegoriche o dalle esegesi strettamente teologiche che avevano dominato per secoli, Pascoli cercò di penetrare l'opera dantesca con una sensibilità nuova, attenta alle sfumature linguistiche, alle risonanze simboliche e, soprattutto, all'umanità profonda che animava i personaggi e le situazioni della Commedia. Il suo studio si basò su una rigorosa analisi filologica, ma fu sempre guidato da un'intuizione poetica che gli permise di cogliere aspetti spesso trascurati dai suoi predecessori. Uno dei contributi più significativi di Pascoli fu la sua attenzione al "fanciullino" che, secondo la sua celebre teoria poetica, risiede in ogni uomo e gli permette di percepire la realtà con uno sguardo puro e meravigliato. Questa prospettiva, apparentemente lontana dalla grandiosità della Commedia, si rivelò in realtà una chiave di lettura sorprendentemente efficace. Pascoli sostenne che anche Dante, nel suo viaggio ultraterreno, manteneva viva questa capacità di stupore e di commozione, e che molti passaggi della Commedia potevano essere compresi più a fondo se letti attraverso questa lente. Egli vide in Dante non solo il teologo e il filosofo, ma anche l'uomo che soffre, che ama, che si meraviglia di fronte al mistero dell'esistenza. Pascoli dedicò anni alla lettura e all'interpretazione della Divina Commedia, producendo saggi e lezioni universitarie che ancora oggi rappresentano un punto di riferimento per gli studi danteschi. Tra le sue opere più importanti si ricordano Minerva oscura (1898), Sotto il velame (1900) e La mirabile visione (1902). In questi testi, Pascoli affrontò questioni spinose, come l'interpretazione dei velami allegorici, la simbologia dei numeri e dei colori, e la complessa rete di riferimenti classici e biblici che intessono l'opera dantesca. La sua erudizione era vastissima, ma mai fine a se stessa; ogni dettaglio filologico era per Pascoli un tassello per ricostruire il significato più profondo e universale della Commedia. Un aspetto particolarmente interessante degli studi pascoliani fu la sua capacità di cogliere le risonanze liriche e musicali della poesia dantesca. Pascoli, egli stesso maestro della musicalità e del simbolismo nella sua poesia, riconobbe in Dante un precursore di queste tendenze. Egli analizzò la fonetica, il ritmo e le allitterazioni della Commedia, mostrando come il suono delle parole contribuisse in modo essenziale alla creazione del significato e dell'atmosfera. Questa attenzione alla dimensione estetica e sensoriale dell'opera dantesca fu un elemento di novità che arricchì notevolmente la critica dell'epoca. Inoltre, Pascoli si soffermò sulla dimensione "umile" e "quotidiana" della Commedia, evidenziando come Dante, pur trattando temi universali e trascendenti, non perdesse mai di vista la realtà concreta e le esperienze comuni degli uomini. Questa attenzione ai dettagli, ai particolari della vita contadina o artigiana, alle espressioni dialettali, fu un tratto distintivo della sua interpretazione. Pascoli, che nella sua poesia aveva elevato il mondo della natura e delle piccole cose a dignità poetica, riconobbe in Dante un'analoga sensibilità. Pascoli, con la sua passione e la sua erudizione, dimostrò che la Divina Commedia era un'opera viva, capace di parlare a ogni generazione, e che la sua grandezza risiedeva non solo nella sua complessità dottrinale, ma anche nella sua profonda umanità e nella sua inesauribile bellezza poetica. In conclusione, gli studi di Giovanni Pascoli su Dante e la Divina Commedia rappresentano un capitolo significativo nella storia della critica letteraria italiana. Essi testimoniano un legame profondo tra due giganti della poesia, un dialogo fecondo che ha arricchito la comprensione di un capolavoro immortale e ha aperto nuove strade per l'interpretazione della letteratura. Pascoli, con il suo sguardo di "fanciullino" e la sua mente di filologo, ci ha insegnato a guardare Dante con occhi nuovi, scoprendo in lui non solo il Sommo Poeta, ma anche un compagno di viaggio nell'eterno mistero dell'esistenza.


G. Pascoli - Saggio di un'interpretazione generale del Poema Sacro di Dante Alighieri

G. Pascoli - La Mirabile Visione: Abbozzo d'una storia della Divina Commedia




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