Piero Martinetti (1872-1943) è stato una figura di spicco nel panorama filosofico italiano del Novecento, noto per il suo rigoroso approccio al pensiero e per la sua apertura verso tradizioni filosofiche non occidentali. Tra le sue opere più significative, "Il Sistema Sankhya: Studio sulla Filosofia Indiana", pubblicato per la prima volta nel 1896, rappresenta un contributo fondamentale alla comprensione e alla diffusione della filosofia indiana in Italia. Questo testo non è solo una mera esposizione del sistema Sankhya, ma un'analisi profonda che rivela la capacità di Martinetti di cogliere le sfumature e le implicazioni di una dottrina complessa e antica.
Il Contesto Storico e Culturale
Alla fine del XIX secolo, l'interesse per le filosofie orientali stava crescendo in Europa, spinto da traduzioni di testi sacri e da un desiderio di esplorare prospettive alternative al pensiero occidentale dominante. In questo clima, Martinetti si distinse per la sua serietà e per la sua volontà di andare oltre le superficiali curiosità esotiche, immergendosi nella complessità del pensiero indiano. La sua opera sul Sankhya si inserisce in questo contesto come un tentativo pionieristico di studio accademico e sistematico.
Il Sistema Sankhya: Un'Introduzione
Il Sankhya è considerato uno dei più antichi sistemi filosofici indiani, con radici che precedono l'età buddista. La sua importanza risiede nella sua natura dualistica e nella sua analisi della realtà. Il sistema postula l'esistenza di due principi eterni e irriducibili:
Purusha (Spirito/Coscienza): Rappresenta la pura coscienza, l'anima individuale, immutabile, inattiva e priva di attributi. È il testimone, colui che osserva e sperimenta, ma non agisce.
Prakriti (Natura/Materia): È la materia primordiale, la causa di tutte le manifestazioni del mondo. È attiva, dinamica e composta da tre "guna" (qualità o costituenti sostanziali):
Sattva: Leggerezza, chiarezza, bontà, intelligenza.
Rajas: Attività, passione, movimento, dolore.
Tamas: Oscurità, inerzia, ignoranza, pesantezza.
Secondo il Sankhya, l'interazione e lo squilibrio di questi guna all'interno della Prakriti danno origine all'intera creazione, inclusi la mente, i sensi e il corpo. L'esistenza del dolore e dell'infelicità è intrinseca a questa interazione, e la sofferenza umana deriva dall'identificazione errata del Purusha con la Prakriti e le sue manifestazioni.
L'Analisi di Martinetti
Martinetti, nella sua opera, non si limita a descrivere i principi del Sankhya, ma ne analizza le implicazioni metafisiche ed etiche. Egli evidenzia come il sistema Sankhya, pur essendo dualistico, offra una via per la liberazione dal ciclo delle rinascite (samsara) e dal dolore. Questa liberazione non si ottiene attraverso azioni rituali o devozione, ma attraverso la conoscenza discriminativa (viveka), ovvero la realizzazione della distinzione tra Purusha e Prakriti. Il filosofo italiano sottolinea come il Sankhya si ponga la domanda fondamentale: "Come è possibile porre fine alla trasmigrazione e così liberare definitivamente l'anima dal dolore dell'esistenza?". La risposta risiede nel riconoscimento da parte dell'intelletto (Buddhi, il primo dei derivati evolutivi della Prakriti) della differenza tra sé e l'Anima (Purusha). La felicità, la quiete e il soddisfacimento di sé stessi, secondo il Sankhya, non si trovano nel mondo sensibile, ma nella realizzazione di questa distinzione interiore. Martinetti esplora anche il concetto dei guna, chiarendo che non sono semplici attributi della Natura, ma i suoi costituenti sostanziali, onnipresenti in ogni punto dello spazio, sebbene in proporzioni variabili. Questa analisi dettagliata dimostra la sua profonda comprensione del pensiero indiano e la sua capacità di tradurlo in termini accessibili al lettore occidentale.
Il Contributo di Martinetti alla Filosofia Comparata
"Il Sistema Sankhya: Studio sulla Filosofia Indiana" è più di un semplice trattato; è un ponte che Martinetti costruisce tra la filosofia occidentale e la sapienza indiana. La sua opera ha contribuito a demistificare il pensiero orientale, presentandolo non come un insieme di credenze esotiche, ma come un sistema filosofico coerente e rigoroso, capace di offrire risposte a interrogativi universali sull'esistenza, la sofferenza e la liberazione. L'approccio di Martinetti, caratterizzato da una profonda serietà intellettuale e da un rispetto per la tradizione studiata, ha aperto nuove prospettive per la filosofia comparata in Italia. La sua opera rimane un punto di riferimento per chiunque voglia avvicinarsi al Sankhya e, più in generale, alla filosofia indiana, attraverso lo sguardo acuto e penetrante di uno dei più grandi pensatori italiani del suo tempo. In sintesi, il libro di Martinetti sul Sankhya non è solo un'esposizione storica, ma un'opera che invita alla riflessione sulla natura della realtà e sulla possibilità di raggiungere la liberazione attraverso la conoscenza. È un testamento alla sua visione cosmopolita della filosofia e alla sua convinzione che la ricerca della verità trascenda i confini culturali e geografici.
Piero Martinetti - Il Sistema Sankhya: Studio sulla Filosofia Indiana