Il pensiero di George Gurdjieff, tramandato principalmente attraverso le opere di P.D. Ouspensky, è un labirinto di profondità psicologiche, cosmologiche e spirituali. Tra le sue argomentazioni più stimolanti e spesso criptiche, spicca il suo approccio all'idea dell'eterno ritorno o della reincarnazione. Contrariamente a quanto ci si aspetterebbe da un maestro spirituale, Gurdjieff non solo non approfondisce questo concetto, ma ne sminuisce l'importanza pratica, suggerendo che conoscerlo potrebbe addirittura essere dannoso. Ma cosa si cela dietro questo apparente disinteresse? Un'analisi più approfondita rivela che la sua reticenza era un calcolato strumento pedagogico, volto a risvegliare l'uomo dalla sua "malattia del domani".
La Ripetizione e il Pragmatismo del Maestro
Nel celebre dialogo con Ouspensky, Gurdjieff affronta direttamente la questione della ricorrenza delle vite. Ouspensky, affascinato dal concetto di ripetizione, cerca insistentemente una risposta chiara, ma Gurdjieff risponde con cautela: "Questa idea della ripetizione... non è la verità totale e assoluta, ma è l'approssimazione più vicina alla verità. In questo caso, la verità non può essere espressa a parole." Questo è il primo indizio: alcune verità trascendono il linguaggio e la comprensione intellettuale ordinaria. Ma il punto cruciale segue immediatamente: "A che serve che un uomo sappia della ricorrenza se non ne è cosciente e se lui stesso non cambia? Se un uomo non cambia, la ripetizione non esiste per lui. Se gli parli della ripetizione, il suo sonno non farà altro che aumentare." Qui Gurdjieff svela la sua preoccupazione principale: la passività umana. Se all'uomo viene data la prospettiva di un'infinità di esistenze, la sua innata tendenza a procrastinare – che Gurdjieff definiva la "malattia del domani" – si rafforzerebbe. Perché affannarsi per il cambiamento oggi, quando si ha un'eternità di opportunità a disposizione? Per Gurdjieff, il suo "sistema" di auto-sviluppo deve focalizzarsi sull'urgenza del presente: "Il sistema non ha alcun significato senza l’impegno per il cambiamento personale. E il lavoro sul cambiamento di sé deve iniziare oggi, immediatamente." La sua pedagogia è dunque eminentemente pratica e orientata all'azione. La conoscenza, se non applicata e non finalizzata alla trasformazione interiore, è inutile e potenzialmente controproducente. L'uomo deve imparare a osservare e a spezzare la "ripetizione" dei suoi schemi comportamentali e delle sue reazioni nella vita presente, prima di poter anche solo avvicinarsi alla comprensione di cicli più vasti.
Il Raggio di Creazione e la Composizione dell'Essere
Per comprendere appieno la probabile ragione della reticenza di Gurdjieff, è fondamentale considerare la sua cosmologia, in particolare il concetto del Raggio di Creazione. Questa dottrina descrive la discesa della materia e dell'energia dall'Assoluto (il Sole Assoluto) attraverso diverse ottave cosmiche, creando pianeti e forme di vita sempre più dense e differenziate. Ogni livello di esistenza, secondo Gurdjieff, è composto da una materia più o meno fine, corrispondente a diversi tipi di "corpi" di un essere. Se applichiamo questa logica al nostro posto nel Raggio di Creazione, la tesi di una "segreta" verità nascosta da Gurdjieff diventa ancora più forte. Il Sole, per Gurdjieff, è composto da materia fine, la stessa che costituisce il corpo astrale. La Terra, e quindi noi esseri umani, siamo "a due passi" dal Sole in termini cosmologici. Ne consegue che, se le gerarchie angeliche (come angeli e arcangeli), che risiedono su pianeti molto più vicini all'emanazione diretta del Sole Assoluto, possiedono già tutti e tre i corpi (fisico, astrale e causale o "buddhico") e sono "perfezionati nel grado di ragione", allora è altamente improbabile che noi, così vicini al Sole, non possediamo almeno un corpo astrale. Forse, come si argomenta, potremmo non avere un'anima pienamente sviluppata nel senso più elevato del termine (ovvero un "corpo causale" o un "corpo buddhico" completo e immortale), ma è del tutto plausibile che ne abbiamo il germe, una potenzialità. Il corpo astrale, fatto della materia sottile del Sole, potrebbe essere un dato di fatto per l'essere umano, una sua componente intrinseca, anche se non pienamente funzionante o consapevole.
La Necessità del Silenzio per il Lavoro Interiore
Alla luce di queste considerazioni cosmologiche e delle sue preoccupazioni pedagogiche, l'omissione o la minimizzazione da parte di Gurdjieff di una verità sull'esistenza dopo la morte fisica o sulla piena composizione dell'essere umano acquisisce un senso profondo. Celare la realtà di un corpo astrale già esistente o di un germe d'anima non sarebbe stata una menzogna, ma una strategia deliberata per focalizzare l'attenzione dell'allievo sul qui e ora e sull'urgenza del lavoro. Se l'uomo fosse consapevole di possedere già un corpo astrale o un germe d'anima, potrebbe cadere nella tentazione di credere che la sua sopravvivenza o evoluzione siano in qualche modo garantite, o che il lavoro possa essere rimandato. Questo avrebbe alimentato proprio quella "malattia del domani" che Gurdjieff combatteva. Per costringere l'individuo a uno sforzo autentico e non procrastinabile, era necessario presentargli la vita come l'unica opportunità certa per il cambiamento, e la possibilità di una sopravvivenza cosciente come qualcosa da guadagnare, non da dare per scontato. La vera immortalità, per Gurdjieff, non è un dono di nascita, ma una conquista consapevole. Solo "se cambia in sé qualcosa di essenziale, cioè se raggiunge qualcosa, questa non può andare perduta." Questo "raggiungimento" implica lo sviluppo e la fusione dei corpi superiori (astrale e mentale/causale) attraverso il lavoro su di sé. Se questi corpi fossero stati presentati come già intrinsecamente nostri, l'impulso a lavorare per renderli coscienti e funzionali sarebbe stato molto minore. In ultima analisi, il "silenzio" di Gurdjieff su alcune delle più grandi questioni esistenziali non era ignoranza o negazione, ma un atto di profonda saggezza pratica. Era un potente catalizzatore per il risveglio, una sfida diretta all'apatia e all'illusione che "c'è sempre un domani". Il suo obiettivo non era fornire tutte le risposte, ma spingere l'uomo a porsi le domande giuste e, soprattutto, a iniziare a lavorare su se stesso oggi.