La storia del tacchino di 83 anni
Questa è una storia che Gurdjieff raccontava spesso per illustrare il concetto di meccanicità e sonno nell'uomo.
Immagina un uomo che va in un negozio di alimentari e vede un enorme tacchino congelato. Chiede al venditore: "Che tacchino è questo? È enorme!" Il venditore risponde: "È un tacchino molto speciale, ha 83 anni." L'uomo è stupito e chiede: "Ma come può un tacchino vivere così a lungo?"
Il venditore spiega: "Beh, questo tacchino è stato trattato in un modo particolare. Fin da piccolo, è stato tenuto in un frigorifero speciale, in un sonno profondo, quasi un'ibernazione. Ogni tanto lo svegliavamo, gli davamo da mangiare, lo facevamo muovere un po', e poi lo rimettevamo a dormire. In questo modo, ha vissuto 83 anni!"
Gurdjieff usava questa storia per suggerire che molte persone vivono la loro vita in uno stato simile di "sonno" o meccanicità. Non sono pienamente presenti, consapevoli o vivi, ma passano attraverso le loro routine in un modo quasi automatico, senza una vera coscienza o scopo interiore, pur raggiungendo un'età avanzata. Il "tacchino" è arrivato a 83 anni, ma che tipo di vita ha vissuto?
La storia dello Scotch (1949)
Questa storia, raccontata poco prima della sua morte nel 1949, riflette il suo approccio all'insegnamento e alla necessità di sforzo cosciente.
Si dice che Gurdjieff, durante una delle sue ultime cene a Parigi, abbia offerto ai suoi allievi un bicchiere di Scotch.
Disse: "Questo Scotch è molto speciale. È stato invecchiato per molti, molti anni. Ma c'è una cosa che dovete capire: non è stato semplicemente 'invecchiato', ha 'lavorato' per tutti questi anni. Ha dovuto superare prove, ha dovuto lottare contro il tempo e le condizioni, e solo attraverso questo 'lavoro' è diventato ciò che è."
Poi aggiunse, "Voi pensate che per diventare qualcosa, basti semplicemente invecchiare, che il tempo faccia il suo lavoro. Ma questo non è vero per l'uomo. L'uomo deve 'lavorare' su se stesso, deve affrontare le sue difficoltà, superare i suoi limiti. Solo attraverso il lavoro cosciente e lo sforzo intenzionale può veramente evolvere e diventare qualcosa di più di quello che è per nascita."
Questa storia sottolinea uno dei pilastri centrali del suo insegnamento: la trasformazione interiore non avviene passivamente con il tempo, ma richiede un impegno attivo e un lavoro deliberato su di sé.
La storia del coccodrillo
Questa storia è meno comune nelle registrazioni pubbliche, ma si riferisce a un archetipo di problema logico o paradosso che Gurdjieff a volte utilizzava per sfidare il modo di pensare dei suoi allievi e mostrare i limiti della logica ordinaria.
Una versione comune di una "storia del coccodrillo" è il seguente paradosso:
Un coccodrillo rapisce un bambino da un genitore. Il coccodrillo promette di restituire il bambino se il genitore indovina correttamente cosa farà il coccodrillo: lo restituirà o lo mangerà.
Se il genitore dice: "Tu mangerai il bambino", e il coccodrillo lo mangia, allora il genitore ha indovinato correttamente, e il coccodrillo dovrebbe restituirlo. Ma se lo restituisce, allora il genitore ha indovinato male (perché il coccodrillo non l'ha mangiato), e quindi il coccodrillo dovrebbe mangiarlo.
Se il genitore dice: "Tu restituirai il bambino", e il coccodrillo lo restituisce, allora il genitore ha indovinato correttamente, e il coccodrillo ha mantenuto la sua promessa. Se invece il coccodrillo lo mangia, allora il genitore ha indovinato male, e il coccodrillo ha infranto la sua promessa.
Gurdjieff spesso presentava tali enigmi non per dare una soluzione unica, ma per mostrare come la mente umana, abituata a pensare in modo lineare, si blocchi di fronte a situazioni che richiedono un approccio più sfaccettato o un'uscita dalla logica comune. Il suo scopo era spesso quello di scuotere gli allievi dalla loro routine mentale e prepararli a una comprensione più profonda.