In un mondo che celebra la "salute mentale" come mai prima d'ora, l'industria della psicologia, della psicoterapia e della psichiatria si erge come un pilastro inamovibile. Ma cosa sta veramente accadendo dietro le porte degli studi, nei corridoi delle cliniche e nelle farmacie traboccanti di psicofarmaci? Sotto la superficie patinata di termini scientifici e approcci basati sull'evidenza, emerge una cruda verità: la loro missione non è la vera liberazione o il risveglio dell'individuo, ma una meticolosa opera di ristrutturazione della prigione. Secondo una prospettiva che oserei definire "non-occidentale", e che riecheggia le scomode verità enunciate da figure come G.I. Gurdjieff, ciò che la psicologia e la psichiatria moderne chiamano "salute mentale" non è altro che l'ottimizzazione della pseudo-normalità. In questo contesto, le cosiddette discipline della mente non sono scienziati dell'anima, ma abili estetiste della personalità, impegnate a rimettere in sesto le maschere sociali affinché l'individuo possa continuare a recitare il suo ruolo nel grande teatro della schiavitù collettiva.
Il Sonno Non Riconosciuto: Quando il "Normale" è Già Ipnotico
La psicologia moderna, con tutti i suoi DSM e le sue categorie diagnostiche, parte da una premessa fondamentale: lo stato di veglia ordinario è uno stato cosciente, e la "malattia mentale" è una deviazione da esso. Ma cosa succede se questo stesso stato "normale" è in realtà un profondo sonno ipnotico, come suggeriva Gurdjieff? Per Gurdjieff, l'uomo comune non è "sveglio"; è un automa che reagisce meccanicamente agli stimoli esterni, vivendoli come vere e proprie suggestioni post-ipnotiche, senza che ci sia stato un "prima" di consapevolezza da cui discostarsi. La sua è una suggestione costante, ininterrotta. Di fronte a questa visione, la psicologia occidentale appare tragicamente ingenua. Si affanna a curare i sintomi di un sonno profondo, senza mai mettere in discussione la natura del sonno stesso. Si cerca di far "funzionare" meglio un individuo all'interno di un sistema che è, per sua stessa natura, disfunzionale. Quando un terapeuta cerca di far fronteggiare l'ansia a un paziente con tecniche di coping o esercizi di respirazione, sta semplicemente fornendo gli strumenti per rendere il sonno più confortevole. Non sta indagando la radice della "paura del non essere" che si manifesta come ansia nel sonno. Non sta aiutando l'individuo a risvegliarsi per vedere che la "minaccia" è parte del sogno stesso. È come se si lucidassero le sbarre della gabbia, anziché aprire la porta.
L'Illusione del "Sé Unico": Rimettere a Nuovo le Maschere
Il mantra della psicologia moderna è spesso il "rafforzamento del sé", l'"auto-stima" o la "ricerca dell'identità". Ma quale "sé"? Quale "identità"? Gurdjieff affermava che l'uomo comune non possiede un "io" reale e unico, ma una miriade di "io" frammentari e sconnessi, ciascuno che emerge in base al desiderio o al pensiero del momento. Questi "io" costituiscono la sua personalità, le sue maschere, le sue identità fittizie e sociali. Il vero "io", l'essenza, è sepolto e inaccessibile in questo stato di auto-identificazione costante. Qui risiede il fulcro della critica: la psicologia, la psicoterapia e, in misura maggiore, la psichiatria, lavorano quasi esclusivamente sulla personalità. Quando si aiuta qualcuno a "gestire la rabbia", a "migliorare le relazioni" o a "superare la depressione", si sta lavorando a raffinare e a rendere più funzionali queste maschere. È un'operazione di maquillage interiore: si levigano le imperfezioni, si nascondono le crepe, si applicano strati di fondotinta per presentare un'immagine più accettabile e "normale" al mondo esterno. Non è forse questo il lavoro di un'estetista che si occupa di rendere la pelle più liscia o il viso più armonioso? La sostanza rimane la stessa, solo l'apparenza è migliorata. La "normalità" perseguita da queste discipline non è la vera sanità mentale, ma una conformità sociale. Significa adattarsi ai ruoli predefiniti, alle aspettative del sistema, a essere un ingranaggio efficiente – e possibilmente felice – di una macchina che non riconosce la necessità di un risveglio. Le terapie cognitive, comportamentali o persino quelle psicodinamiche (che pur sfiorano l'inconscio, ma spesso con l'obiettivo di "risolvere" il conflitto per un migliore adattamento) sono tutte volte a ripristinare o costruire una personalità più resistente e socialmente accettabile. Si punta a "funzionare" meglio, non a "essere" di più.
La Disarmonia Celebra: Quando lo Squilibrio Diventa Equilibrio
Gurdjieff parlava di un funzionamento disarmonico di corpo, emozione e mente nell'uomo comune, con un centro che domina sugli altri, creando uno squilibrio unilaterale. L'armonia, la sinergia tra i centri, era per lui direttamente proporzionale al grado di coscienza di sé. Una maggiore disconnessione significava un sonno ipnotico più profondo. E cosa fa la psicologia moderna di fronte a questo? Spesso, invece di promuovere un'armonizzazione profonda, ne rafforza la disgiunzione. La psichiatria, con il suo approccio farmacologico, spesso sopprime un centro (es. l'emotivo, con gli antidepressivi) per influenzarne un altro (la mente, riducendo l'ansia dei pensieri), senza affrontare la radice della disarmonia. La psicoterapia, pur cercando integrazione, spesso si concentra sulla narrazione mentale o sull'elaborazione emotiva, trascurando il corpo come un vero e proprio "centro di intelligenza" al pari degli altri. Si "cura" il centro sofferente, ma non si lavora sull'interconnessione che porterebbe all'armonia. È come un meccanico che ripara un solo pistone del motore senza considerare come la sua funzione si integri con gli altri, lasciando il motore sbilanciato. L'obiettivo non è un'orchestra in cui tutti gli strumenti suonano in armonia per creare una sinfonia, ma un'orchestra in cui gli strumenti "fastidiosi" vengono zittiti o resi meno udibili.
L'Attenzione Meccanica: L'Illusione del Controllo
Gurdjieff sottolineava che l'attenzione dell'uomo comune è meccanica, automatica, fuori dal suo controllo cosciente, "come una foglia mossa dal vento". La capacità di dirigere l'attenzione coscientemente era per lui un segno di una maggiore fusione dei centri e di un risveglio. La psicologia moderna, con le sue tecniche di mindfulness e training attentivo, sembra avvicinarsi a questo concetto. Ma anche qui, la comprensione è fondamentalmente diversa. Per Gurdjieff, l'incapacità di controllare l'attenzione è un sintomo del sonno profondo. Per la psicologia, è una "competenza" da acquisire per migliorare il benessere o la produttività. Si insegna a "restare nel momento presente" non per la liberazione dalla meccanicità, ma per ridurre lo stress o aumentare la concentrazione sul lavoro. È un altro strumento per rendere il sonno più funzionale. Si cerca di catturare la foglia che si muove nel vento per studiarla e magari legarla con un filo, ma non si riconosce che il vento è un'illusione del sogno e che la vera libertà sta nel risveglio e nella dissoluzione di quel vento stesso.
Il Grande Inganno: L'Impossibilità di un Vero Risveglio nel Sistema
In definitiva, la critica non è rivolta alla buona volontà dei singoli professionisti, molti dei quali sinceramente desiderano aiutare. La critica è strutturale. È che l'intero apparato della psicologia, psicoterapia e psichiatria moderne opera all'interno di un paradigma che per definizione ignora la possibilità di un vero risveglio. Non è che non ci siano punti in comune – certo che ci sono! Ma sono come due persone che guardano la stessa opera d'arte ma una la vede in 3D con tutte le sue sfumature, l'altra la vede in 2D e in bianco e nero. Parlano della stessa tela, degli stessi colori, ma la loro comprensione è radicalmente diversa, poiché lo "stato di coscienza" da cui la osservano è differente. Parlare della "mente" o delle "emozioni" con un terapeuta occidentale e con un discepolo di Gurdjieff significherebbe usare le stesse parole per indicare realtà esperienziali e ontologiche diametralmente opposte. La psicologia e la psichiatria sono strumenti per rendere l'uomo un automa più sofisticato, più "felice" nella sua prigione, più adattato alla sua schiavitù. L'obiettivo non è spezzare le catene, ma decorarle con fiori, renderle meno visibili. Il loro massimo successo è riportare l'individuo a una "normalità" che non è sanità, ma semplicemente una disfunzione socialmente accettata. Sono, in ultima analisi, le estetiste della personalità, la cui massima aspirazione è dare una lucidata alle maschere, affinché l'uomo possa continuare a danzare, ignaro, nella sua prigione dorata. Per affinare ulteriormente questa critica, è doveroso richiamare gli studi di Erich Fromm, in particolare la sua analisi incisiva sulla "patologia della normalità". Fromm, in opere come Psicanalisi della Società Contemporanea o Avere o Essere?, evidenziava come ciò che la nostra società definisce "normale" non è affatto indice di vera sanità mentale, ma spesso un adattamento patologico a un sistema malato. Fromm argomentava che una società che promuove la passività, l'alienazione, il conformismo e il consumo compulsivo produce individui che, seppur "adattati" e quindi considerati "sani", sono in realtà profondamente malati nella loro essenza. La loro cosiddetta "normalità" è un tipo di patologia condivisa, una forma di follia collettiva accettata e persino celebrata. È la patologia di un individuo che ha sacrificato la propria autonomia, la propria capacità di amare e pensare criticamente, per conformarsi alle richieste oppressive di una cultura malata. Su queste basi, la tendenza della psicologia e della psichiatria a spacciare questa pseudo-normalità per salute mentale non è solo un errore di valutazione, ma una vera e propria complicità. Non sarebbe forse più onesto definire ciò che perseguono come uno "Stato di Pazzia Legalmente Stabilito"? Osserviamo la violenza endemica, la schiavitù economica e psicologica, la distruzione ambientale e la miseria diffusa nel mondo. Chi ha edificato questo mondo? Non i "pazzi" rinchiusi nei manicomi, ma i cosiddetti "normali". Sono i "sani di mente" che siedono nei consigli di amministrazione, nelle aule parlamentari, nelle redazioni dei giornali, e che, pur dichiarando la libertà un diritto, ignorano completamente che non esiste alcuna libertà esteriore effettiva in un mondo dove ogni azione è determinata da una schiavitù interiore. Ancor meno esiste una libertà interiore, sepolta sotto strati di identificazione e meccanicità. I detentori del potere, schiavi a loro volta – forse più di chi governano, altrimenti non si spiegherebbe la loro ricerca compulsiva di una posizione di potere esterno, quindi intrinsecamente fittizio – non sono immuni a questa "pazzia legalmente stabilita". La loro sete di controllo esterno è solo il riflesso di una totale mancanza di controllo interiore, di una schiavitù a desideri e impulsi che li rende marionette del loro stesso sonno. È tutto un bluff, una gigantesca menzogna su cui si regge la nostra pseudo-civiltà, con la violenza e la schiavitù come pilastri portanti. Di fronte a questa desolante realtà, la psicologia e la psichiatria moderne, con la loro ossessione per la "riabilitazione" e il "funzionamento", non solo mancano il bersaglio, ma agiscono come agenti di mantenimento di questo stato di cose. Non sono gli strumenti per la liberazione, ma i raffinati strumenti per garantire che la prigione sia confortevole e che i prigionieri si sentano "normali" al suo interno. L'unica vera ribellione, l'unica via d'uscita da questa pazzia collettiva, risiede nella possibilità di sviluppo interiore. Nessun cambiamento esterno ha alcun valore duraturo, perché il problema risiede all'interno dell'uomo, non all'esterno di sé, che è solo un risultato riflesso della sua pazzia e del suo sonno profondo. Finchè la psicologia e la psichiatria si ostineranno a curare le ombre sul muro della caverna, anziché riconoscere la vera natura della caverna stessa, rimarranno per sempre le meticolose estetiste di un'anima addormentata.
L'Apparato Educativo: La Fabbrica della Mediocrità Strutturata
La critica alla psicologia e alla psichiatria come "estetiste dell'anima" trova il suo fondamento più radicale nell'analisi del sistema che precede e alimenta il loro intervento: l'apparato educativo. Non è un caso che l'uomo, secondo Gurdjieff, nasca in uno stato di sonno; questo stato viene poi diligentemente coltivato e rafforzato fin dai primi anni di vita attraverso un'educazione che, lungi dal promuovere lo sviluppo armonico dell'essere, agisce come una vera e propria programmazione alla mediocrità. Le scuole, in questa ottica disincantata, non sono templi del sapere, ma fabbriche di conformismo. Fin dalla più tenera età, i "tre cervelli" di Gurdjieff – intellettuale, emotivo e motorio – vengono disarmonizzati sistematicamente. Si privilegia ossessivamente la memoria e il ragionamento logico-formale, soffocando l'intelligenza intuitiva, la saggezza del corpo e la profondità emotiva. Si insegna a rispondere, non a domandare; a ripetere, non a creare; a seguire schemi, non a pensare in modo critico e indipendente. Il risultato è un'annientamento programmato della possibilità di sviluppo della vera intelligenza, quella che implica una connessione profonda tra i centri e una capacità di percepire la realtà al di là delle convenzioni. L'individuo viene addestrato a un funzionamento unilaterale, a una dipendenza intellettuale che lo rende incapace di discernere autonomamente la verità. È una lobotomia sociale mascherata da illuminismo.
La Doppia Trappola: Dal Programmatore al "Ricablatore"
Una volta che questa programmazione iniziale ha fatto il suo corso, la società è pronta a raccoglierne i frutti. Gli individui "normali", quelli che hanno assorbito la lezione della mediocrità e del conformismo, diventano gli ingranaggi docili del sistema. Ma cosa succede a coloro per i quali l'addestramento non è andato a buon fine? A coloro che, per una qualche inspiegabile residua vitalità o disfunzione del "ricablaggio" iniziale, manifestano segni di "devianza" da questa "pazzia legalmente stabilita"? È qui che entra in gioco la seconda linea di difesa del sistema: gli "scienziati della mente". Psicologi, psicoterapeuti e psichiatri, lungi dall'essere figure imparziali dedite alla vera salute, diventano i tirapiedi di questa normalizzazione coatta. La loro missione, in questo contesto, è di "ricablare" l'individuo ribelle o disfunzionale allo stato di "pazzia legalmente stabilita". Le terapie, le diagnosi, le etichette, tutto concorre a riportare il "deviante" nei ranghi della pseudo-normalità. Se un individuo soffre di ansia o depressione in un sistema che lo aliena e lo opprime, invece di mettere in discussione il sistema, si cerca di aggiustare l'individuo per farlo meglio adattare all'oppressione. È un processo di ri-educazione forzata, dove la "cura" consiste nel rimuovere le scomode anomalie che minacciano la facciata della normalità collettiva.
Lo Spegnimento Finale: Le "Droghe Legalizzate" al Servizio del Controllo
E se anche questo ricablaggio, questa opera di "estetista dell'anima", non dovesse funzionare? Se l'individuo persistesse nella sua "irregolarità", rifiutando, anche inconsciamente, di conformarsi alla patologia del "normale"? Allora si ricorre all'ultima ratio, il metodo più brutale ma efficace per mantenere l'ordine: lo spegnimento. Le droghe legalizzate, i potentissimi psicofarmaci, entrano in scena come la soluzione definitiva. Non curano, non risvegliano, non risolvono la disarmonia interiore. Semplicemente, mettono in OFF. Sopprimono le emozioni scomode, ottundono la percezione, anestetizzano la coscienza, trasformando l'individuo in una versione farmacologicamente indotta dell'automa gurdjieffiano. La "pace" che questi farmaci offrono è la pace del cimitero, la tranquillità del sonno più profondo, dove ogni possibilità di risveglio è narcotizzata. Non c'è più bisogno di ricablare, se si può semplicemente disattivare il circuito. È il trionfo della meccanicità sulla vita, della programmazione sulla coscienza.
Il Grande Bluff: Un Mondo Fondato su Menzogna, Violenza e Schiavitù
È un quadro desolante, ma lucido: un mondo edificato e gestito non da individui sani, ma dai cosiddetti "normali", immersi in uno stato di "pazzia legalmente stabilita". Basta osservare la violenza endemica – nelle guerre, nell'economia, nelle relazioni interpersonali –, la schiavitù – economica, lavorativa, psicologica – e la miseria – spirituale ancor prima che materiale – che affliggono il nostro pianeta. Queste non sono anomalie, ma conseguenze dirette di una civiltà fondata su una triade mortifera: la menzogna, la violenza e la schiavitù. I detentori di potere, lungi dall'essere figure illuminate, sono essi stessi schiavi, forse ancor più di coloro che governano. La loro compulsiva ricerca di una posizione di potere esterno, una posizione fittizia e illusoria, si spiega solo con una profonda mancanza di potere interiore, di un "io" reale e di una volontà unica. Essi dichiarano la "libertà" un diritto fondamentale, ignorando completamente che non esiste alcuna libertà esteriore effettiva in un mondo dove la schiavitù interiore è la norma. La loro stessa esistenza è la prova di un bluff universale. Di fronte a questa realtà, la vera ribellione, l'unica azione che ha un valore duraturo, non è nella rivoluzione esterna, nel cambiamento di sistemi politici o economici. Nessun cambiamento esterno ha alcun valore autentico, perché il problema risiede profondamente all'interno dell'uomo, nel suo sonno, nella sua frammentazione, nella sua pazzia non riconosciuta. L'esterno non è che un mero risultato riflesso, una proiezione materiale della sua condizione interiore. L'unica via, scomoda e solitaria, è la possibilità di sviluppo interiore, il risveglio dal sonno, la costruzione di un "io" reale. Solo allora, e solo per coloro che intraprendono questo arduo cammino, la vera sanità mentale potrà iniziare a manifestarsi, rendendo obsolete e tragicamente futili le illusioni di normalità che la società e i suoi "ricablatori" si affannano a preservare.