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La Falsa Libertà del "Singolare Qualunque": Una Critica Gurdjieffiana ad Agamben


Le filosofie contemporanee spesso cercano di decostruire le categorie consolidate, proponendo nuove lenti attraverso cui osservare la realtà e l'esistenza umana. Tra queste, il pensiero di Giorgio Agamben si distingue per la sua profonda analisi della biopolitica, del diritto e della sovranità, culminando in concetti come il "singolare qualunque" e l'esaltazione di figure come San Francesco d'Assisi quale emblema di una "forma di vita" sottratta alle logiche del potere. Sebbene affascinanti per la loro audacia critica, queste idee, se esaminate alla luce degli insegnamenti di G.I. Gurdjieff, rivelano non solo delle fragilità concettuali, ma anche una pericolosa mistificazione della vera liberazione umana. Gurdjieff, con il suo sistema di auto-osservazione e lavoro interiore, ci offre una prospettiva radicalmente diversa sulla condizione umana, una prospettiva che smaschera l'illusione di una libertà accessibile attraverso la semplice negazione delle strutture esterne o l'identificazione con stati di presunta "qualunque-ità".


La Quaiunque-ità e il "Singolare Qualunque": Un'Illusione di Libertà

Agamben introduce il concetto di "singolare qualunque" per descrivere una singolarità che, sottraendosi a ogni determinazione e appartenenza categoriale, si offre in una pura "qualunque-ità". Questa entità, liberata da ogni predicato, rappresenterebbe un punto di resistenza alle logiche classificatorie e di controllo del potere. Similmente, la figura del flâneur, descritta da Walter Benjamin e ripresa da Agamben, è presentata come un'anima errante, osservatore distaccato della modernità, capace di sfuggire alle maglie della mercificazione e dell'omologazione proprio in virtù della sua non-appartenenza. Dal punto di vista gurdjieffiano, tali concezioni sono profondamente problematiche. Gurdjieff avrebbe argomentato che l'uomo ordinario, lungi dall'essere un "singolare qualunque" o un flâneur libero, è piuttosto una "macchina", un insieme di automatismi e reazioni condizionate. L'individuo comune è costantemente mosso da influenze esterne – pensieri, emozioni, sensazioni – che si manifestano senza una vera volontà o consapevolezza. La sua "singolarità" non è una scelta cosciente, ma il mero risultato di una combinazione casuale di condizionamenti ereditari e ambientali. L'idea di una "qualunque-ità" come forma di liberazione è, per Gurdjieff, un inganno. L'uomo addormentato, anche quando crede di agire liberamente o di sottrarsi alle categorie, sta semplicemente seguendo un programma interno di cui è ignaro. La "qualunque-ità" non è una condizione di libertà autentica, ma piuttosto una mancanza di sviluppo interiore, una condizione di non-essere che maschera l'incapacità di dirigere coscientemente la propria vita. Il flâneur, pur nell'apparente distacco, rimane un'entità reattiva al mondo esterno, un'osservatore passivo piuttosto che un agente attivo e consapevole del proprio destino. Gurdjieff avrebbe sostenuto che l'uomo non è "singolare qualunque" per natura, ma lo diventa per negligenza, per la mancata realizzazione del proprio potenziale. La vera singolarità non emerge dalla negazione di categorie, ma da un intenso lavoro su sé stessi, dalla progressiva acquisizione di una volontà unificata e di una coscienza sveglia.


San Francesco e la "Forma di Vita": Una Falsa Sottrazione

Agamben propone San Francesco d'Assisi come l'archetipo di una "forma di vita" che, incarnando un uso inabituale di sé e dei beni, si sottrae alle logiche del diritto, della proprietà e della sovranità. La vita francescana, nella sua radicale spoliazione e nella sua dedizione a una forma di vita non definita da alcuna norma esterna, rappresenterebbe un modello di resistenza biopolitica. Anche qui, la prospettiva gurdjieffiana offre una critica penetrante. Gurdjieff non avrebbe negato il valore etico o spirituale dell'esperienza di San Francesco, ma avrebbe messo in discussione la sua capacità di rappresentare una "sottrazione" reale dalle logiche del potere nel senso più profondo. Secondo Gurdjieff, la vera libertà non si ottiene rinunciando a beni materiali o adottando un particolare stile di vita esteriore. Queste sono solo manifestazioni esterne che, pur nobili, non garantiscono un'autentica trasformazione interiore. La "forma di vita" di San Francesco, per quanto ispiratrice, potrebbe essere interpretata da Gurdjieff come un'ulteriore forma di auto-inganno o, nella migliore delle ipotesi, come una via parziale. Il problema fondamentale, per Gurdjieff, non risiede nel diritto, nella proprietà o nella sovranità come categorie esterne, ma nella schiavitù interiore dell'uomo. Un individuo addormentato, anche se povero e senza proprietà, è comunque sottomesso a innumerevoli influenze interne ed esterne di cui non ha consapevolezza. La sua "sottrazione" è illusoria, poiché è ancora governato da paure, desideri, attaccamenti e identificazioni di cui non è padrone. La vera "forma di vita" che si sottrae alle logiche di controllo è quella dell'uomo risvegliato, dell'uomo che ha acquisito una volontà autonoma e una coscienza chiara. Questo non significa necessariamente una rinuncia a tutto, ma piuttosto un uso consapevole di tutto. Un uomo sveglio può vivere in qualsiasi condizione, con o senza proprietà, e rimanere libero, perché la sua libertà non dipende dalle circostanze esterne ma dal suo stato interiore. San Francesco, per quanto ammirevole, potrebbe aver semplicemente scambiato un insieme di catene esterne con un altro tipo di catene, sebbene più sottili, legate a un'identificazione con un ideale ascetico.


Le Categorie Fittizie: Costruire sull'Aria

Agamben è qui criticato per voler decostruire e mettere in questione categorie fondamentali basandosi su categorie altrettanto fittizie e astratte. Concetti come la "qualunque-ità", la "vita nuda" o lo "stato di eccezione" sono, per Gurdjieff, costruzioni intellettuali che non toccano la vera essenza della condizione umana. Gurdjieff avrebbe contestato questo approccio, sostenendo che la filosofia contemporanea spesso si perde in speculazioni concettuali che non portano a una reale comprensione o a una trasformazione pratica. Invece di affrontare la realtà dell'uomo addormentato e della sua meccanicità, essa crea nuove astrazioni che, per quanto sofisticate, rimangono distanti dalla vera esperienza umana. Per Gurdjieff, la verità non si trova nella decostruzione di concetti o nella creazione di nuove categorie, ma nell'auto-osservazione diretta e nella comprensione della propria meccanicità. Le categorie fondamentali dell'esistenza non possono essere efficacemente "messe in questione" da altre categorie astratte, ma solo dalla risvegliata consapevolezza dell'individuo che le vive. La vera libertà non è il risultato di un'operazione intellettuale di decostruzione, ma di un processo di trasformazione interiore che porta alla liberazione dalle illusioni della mente addormentata. Agamben, pur cercando di offrire strumenti critici per comprendere il potere, finisce per proporre soluzioni che, dal punto di vista gurdjieffiano, rimangono nel regno dell'illusione. La "qualunque-ità" non è una via d'uscita, ma un'ulteriore manifestazione della mancanza di consapevolezza. La decostruzione delle categorie senza un parallelo lavoro di costruzione interiore porta solo a un vuoto, a una frammentazione ancora maggiore dell'essere.


La Vera Via: Il Lavoro su Sé Stessi

In sintesi, la critica gurdjieffiana al pensiero di Agamben si fonda su una distinzione cruciale: la differenza tra la libertà apparente e la libertà reale. Agamben, con le sue categorie di "singolare qualunque" e la sua esaltazione di figure come San Francesco, sembra proporre una via di liberazione che si realizza principalmente attraverso la sottrazione, la negazione o la decostruzione di strutture esterne e concettuali. Gurdjieff, al contrario, insisterebbe sul fatto che la vera libertà non è una questione di negazione esterna, ma di affermazione interna. Non si tratta di essere "qualunque", ma di diventare qualcuno, un individuo con una volontà unificata e una coscienza risvegliata. Non si tratta di sottrarsi alle logiche del diritto e della proprietà attraverso un cambiamento di stile di vita esteriore, ma di liberarsi dalle catene interiori che ci rendono schiavi, indipendentemente dalle circostanze esterne. La via indicata da Gurdjieff è il Lavoro su Sé Stessi: un processo arduo e continuo di auto-osservazione, di studio della propria meccanicità, di sviluppo dell'attenzione e della coscienza. Solo attraverso questo lavoro interiore l'individuo può trascendere la sua condizione di "macchina" e diventare un essere umano pienamente cosciente, capace di autodeterminazione. Le idee di Agamben, per quanto intellettualmente stimolanti, rischiano di distogliere l'attenzione dal vero campo di battaglia per la libertà umana: l'arena della coscienza individuale. Proponendo soluzioni che rimangono nel regno delle astrazioni o delle negazioni esteriori, esse non riescono a cogliere la radicalità della trasformazione interiore necessaria per una vera emancipazione. La libertà non si trova nella "qualunque-ità", ma nell'essere presente, nell'essere cosciente, nell'essere. Questa è la potente confutazione che il pensiero di Gurdjieff offre alle seducenti ma fuorvianti promesse di una falsa libertà. La Quarta Via di G.I. Gurdjieff è un percorso di sviluppo interiore che mira all'armonioso sviluppo di tutte le funzioni umane: intellettuale, emozionale e motoria (o istintiva/corporale). Secondo Gurdjieff, l'essere umano ordinario è un essere "addormentato", la cui coscienza è frammentata e le funzioni operano in modo squilibrato e disconnesso. La Quarta Via propone un lavoro simultaneo su queste tre dimensioni per risvegliare l'individuo e portarlo a una comprensione più profonda e completa della realtà, e di sé stesso. Partendo da queste premesse, un approccio puramente intellettuale all'ontologia, alla politica, al diritto o all'etica – come quello che si potrebbe imputare a un filosofo che non pratica un lavoro interiore profondo – è visto come intrinsecamente limitato e, in ultima analisi, insufficiente. Ecco perché:


1. La Conoscenza Reale non è solo Intellettuale

Per Gurdjieff, la vera conoscenza (o conoscenza oggettiva) non può essere raggiunta solo attraverso la funzione intellettuale. Quest'ultima, sebbene potente nella sua capacità di analizzare, concettualizzare e creare sistemi di pensiero, è solo una parte dell'essere umano. Se un uomo si occupa di ontologia, politica, diritto o etica solo con la mente, le sue conclusioni saranno inevitabilmente parziali e incomplete.

  • Ontologia: Comprendere l'essere e la realtà (ontologia) richiede più di una mera speculazione logica. Richiede un'esperienza diretta e un'intuizione che trascendono la ragione pura. Un intelletto scollegato dalle emozioni e dalle sensazioni corporee non può afferrare la totalità dell'esistenza; può solo crearne un modello astratto e distaccato. La "verità" intellettuale può essere un castello di carte, brillante ma privo di fondamento reale, se non è corroborata da una percezione più profonda e vissuta.

  • Politica e Diritto: Analizzare la politica e il diritto solo intellettualmente porta a schemi teorici che possono sembrare perfetti sulla carta ma che falliscono miseramente nell'applicazione pratica. Questo perché ignorano le dinamiche emotive, irrazionali e istintuali che muovono gli esseri umani e la società. Le leggi e i sistemi politici, se concepiti solo dalla testa, non riescono a tenere conto della "natura umana" nella sua interezza, generando inefficacia, ingiustizia e disfunzioni. Il "sentire" le implicazioni sociali ed etiche di una legge, o il "percepire" le esigenze reali della popolazione, richiede più di un'analisi razionale.

  • Etica: L'etica non è solo un insieme di regole o principi logici; è anche una questione di sentimento e di azione. Un uomo che "pensa" all'etica ma non "sente" le conseguenze delle sue azioni sugli altri, o non è in grado di "agire" eticamente quando richiesto, possiede un'etica meramente teorica e inefficace. La compassione, l'integrità e la responsabilità non sono solo concetti mentali; sono stati interiori che si manifestano attraverso l'equilibrio di tutte le funzioni.


2. La Disconnessione delle Funzioni

Gurdjieff sosteneva che nell'uomo "addormentato" le funzioni sono disconnesse e spesso in conflitto tra loro. Se un pensatore si concentra unicamente sull'intelletto, le sue altre funzioni rimangono non sviluppate o addirittura atrofizzate.

  • Mancanza di Profondità Emotiva: Un'analisi puramente intellettuale è priva della risonanza emotiva necessaria per comprendere appieno la condizione umana. Senza la capacità di sentire profondamente, le conclusioni intellettuali rimangono fredde, distaccate e superficiali. Non si può veramente comprendere la sofferenza o la gioia, elementi cruciali in politica ed etica, solo leggendone o parlandone.

  • Assenza di Radicamento Corporeo: La funzione motoria/istintiva, legata al corpo e alla percezione sensoriale, fornisce un "radicamento" alla realtà. Un pensatore che vive "solo nella sua testa" è disconnesso dalla realtà fisica e dalle sue concrete manifestazioni. Questo può portare a teorie astruse e lontane dall'esperienza vissuta, prive di quel "buonsenso" pratico che deriva dal contatto con la concretezza dell'esistenza.


3. L'Uomo "Senza Maestro Interno"

Un uomo che opera solo intellettualmente è, per Gurdjieff, un uomo senza un vero "Maestro Interno" (o "Io Reale"). Le sue decisioni e i suoi pensieri sono il risultato di "Io" parziali e contraddittori che emergono di volta in volta, guidati da associazioni automatiche e reazioni meccaniche. Non c'è un centro unificato di coscienza che diriga il processo di pensiero, emozione e azione. Di conseguenza, anche le sue elaborazioni intellettuali, seppur complesse, non derivano da una fonte stabile e coerente. Sono piuttosto il prodotto di influenze esterne e di meccanismi interni non controllati, rendendo la sua "conoscenza" più un riflesso passivo che una comprensione attiva e consapevole.


4. L'Intelletto come Barriera al Risveglio

Paradossalmente, un intelletto eccessivamente sviluppato e non bilanciato dalle altre funzioni può diventare una barriera al vero sviluppo. Può portare all'autoinganno, all'illusione di sapere senza aver veramente compreso o sperimentato. La "testa piena di libri" ma senza una reale "comprensione di sé" è una condizione che Gurdjieff criticava aspramente. Un uomo del genere può accumulare una vasta quantità di informazioni e formulare teorie brillanti, ma rimane internamente "addormentato", incapace di applicare la sua conoscenza in modo trasformativo alla propria vita o al mondo. In conclusione, la Quarta Via non sminuisce l'intelletto, ma lo colloca nel suo giusto posto come una delle tre funzioni essenziali. Per Gurdjieff, un uomo che si occupa di ontologia, politica, diritto ed etica solo in termini intellettuali è un uomo incompleto, la cui visione del mondo sarà necessariamente parziale, teorica e distaccata dalla vera realtà. La vera comprensione e l'efficacia in questi campi richiedono l'armonioso sviluppo e l'integrazione di tutte le funzioni umane, per portare la conoscenza dall'astratto al concreto, dal concetto all'esperienza vissuta.



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