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Il Sonno del Filosofo: Agamben esorcizza Demoni Esterni ignorando quelli Interiori


Il pensiero di Giorgio Agamben ha dominato il dibattito filosofico contemporaneo, offrendo diagnosi acute e talvolta inquietanti sulla natura del potere, della sovranità e della condizione umana nella modernità. Concetti come la "vita nuda", lo "stato di eccezione" e il "biopotere" sono diventati strumenti indispensabili per analizzare le derive autoritarie e la mercificazione dell'esistenza. Tuttavia, se confrontiamo la sua elaborazione teorica con l'insegnamento pratico e radicale di G.I. Gurdjieff, emerge una frattura profonda. Le diagnosi di Agamben, pur intellettualmente rigorose, appaiono come l'espressione di una mente eminentemente astratta, che descrive un mondo filtrato attraverso categorie concettuali, perdendo di vista la realtà viva, dinamica e, soprattutto, trasformabile dell'essere umano. Di conseguenza, le "cure" proposte da Agamben per le malattie che egli individua si rivelano altrettanto astratte e prive di efficacia pratica, non potendo incidere sulla vera radice della condizione umana. Per Gurdjieff, la maggior parte dell'umanità vive in uno stato di profondo "sonno" o "meccanicità", agendo non per volontà cosciente ma per reazioni automatiche a stimoli interni ed esterni. È da questa prospettiva che Agamben può essere non solo criticato, ma potentemente confutato. I "sintomi" che Agamben delinea non sono difetti intrinseci e ineluttabili della struttura politica o ontologica del mondo, ma piuttosto le manifestazioni esterne della nostra profonda incoscienza interiore. Agamben osserva l'ombra sulla parete, ma non la fonte della luce, né colui che sta proiettando quell'ombra.


La Fallacia della Diagnosi Agambeniana: 

Il Mondo Come Riflesso del Nostro Sonno

Agamben descrive un mondo in cui l'uomo è costantemente minacciato e manipolato da forze esterne, ridotto a una mera esistenza biologica. Questa visione, per Gurdjieff, non è una descrizione oggettiva della realtà, ma piuttosto la proiezione di uno stato interiore di assenza e meccanicità. L'intellettuale astratto, operando dal suo centro intellettuale non bilanciato, osserva il mondo esterno e lo interpreta attraverso il filtro della propria condizione.


1. La "Vita Nuda": La Nostra Nudità Ontologica, Non una Spoliazione Esterna

Agamben sostiene che il potere sovrano riduce l'individuo a "vita nuda", una mera esistenza biologica priva di diritti e qualificazioni. È una condizione di spoliazione imposta. Gurdjieff, invece, sosterrebbe che l'essere umano, nel suo stato ordinario, è già intrinsecamente "nudo", e lo è in un senso molto più radicale di quanto Agamben possa concepire. Egli non possiede un "Io" unificato, una volontà cosciente, una presenza autentica o una direzione interiore. Le sue azioni, pensieri ed emozioni sono spesso reazioni automatiche. La "nuda vita" di Agamben è la proiezione di questa fondamentale vacuità e frammentazione interiore. L'uomo meccanico, privo di un vero centro di gravità, è intrinsecamente indifeso e manipolabile, non tanto per un atto di potere esterno, quanto per la sua stessa assenza di essere. L'errore di Agamben sta nel diagnosticare un processo di spoliazione esterna quando la vera nudità è una condizione ontologica preesistente, che la meccanicità del mondo si limita a sfruttare o a rivelare, non a creare ex novo. L'intellettuale astratto percepisce come un'azione coercitiva ciò che in realtà è un'implicita conseguenza della nostra mancanza di autocoscienza.


2. Lo "Stato di Eccezione": La Norma di un Mondo Incosciente

Agamben eleva lo "stato di eccezione" a paradigma della governamentalità moderna, dove la sospensione della legge diventa la regola, rivelando l'intrinseca arbitrarietà del potere sovrano. Da una prospettiva gurdjieffiana, il mondo degli esseri umani incoscienti è costantemente in uno "stato di eccezione" rispetto a qualsiasi principio di ordine superiore e di coscienza. La "legge" e la "normalità" che Agamben presuppone come base sono mere finzioni, costrutti mentali che raramente hanno governato la realtà effettiva delle relazioni umane e politiche. Le decisioni politiche irrazionali, i conflitti endemici, l'arbitrio e la violenza non sono "eccezioni" a un ordine razionale preesistente; essi sono la normale operatività di individui e collettività che agiscono in modo meccanico, guidati da impulsi irrazionali, paure, vanità e suggestioni. Agamben non diagnostica una patologia dell'eccezione, ma descrive la normalità caotica di un'umanità priva di coscienza, incapace di produrre un ordine autentico e stabile. L'intellettuale astratto si allarma per la violazione di una "legge" che non è mai stata veramente operante, scambiando l'illusione di un ordine con la sua reale sospensione.


3. Il "Biopotere": Sintomo di un Controllo Interno non Riconosciuto

Agamben individua nel "biopotere" la gestione della vita (la nuda vita) come oggetto politico, una tecnologia di potere che mira a controllare e disciplinare le popolazioni. Gurdjieff, in risposta, affermerebbe che questo "controllo" esterno è solo un riflesso del controllo intrinseco e che la sua natura meccanica esercita su di lui. Gli individui non coscienti sono già "gestiti" dalle loro abitudini, dalle loro identificazioni con ruoli sociali, dalle loro paure e dai loro desideri non esaminati. Ogni pensiero, emozione o movimento non cosciente è una forma di auto-disciplinamento e auto-controllo che precede e spesso supera qualsiasi controllo esercitato dal potere esterno. Le strutture di potere che Agamben analizza come "biopotere" non sono la causa ultima della nostra schiavitù, ma manifestazioni esterne e amplificate della nostra schiavitù interiore. L'intellettuale troppo astratto, concentrandosi solo sul sintomo esterno, manca la radice più profonda del problema. Egli descrive un sistema che "gestisce la vita", senza rendersi conto che la "vita" che viene gestita è già di per sé non-autentica, non-libera, e intrinsecamente "gestita" dalle leggi della meccanicità umana.


La Futilità delle Cure di Agamben: Quando la Filosofia Dimentica l'Azione

Se le diagnosi di Agamben sono costrutti di una mente troppo astratta, le sue proposte per la "liberazione" non possono che essere altrettanto illusorie e inefficaci, incapaci di incidere sulla vera condizione dell'essere umano. La sua "cura" è un sintomo ulteriore della sua incapacità di comprendere la necessità di una trasformazione pratica e interiore.


1. L'"Inoperosità": Un Altro Nome per la Passività Meccanica

Agamben suggerisce una via d'uscita nell'"inoperosità", nel rendere inattivi gli apparati di potere, nel disattivare la loro funzionalità. Questa è la sua "cura" per la riduzione a vita nuda. Gurdjieff la liquiderebbe come una strategia completamente impraticabile e inefficace per l'uomo meccanico. Come può una macchina "non fare" in modo significativo, se ogni suo movimento e ogni sua non-azione sono già automatici? L'inoperosità, per chi non è cosciente, non è un atto di resistenza consapevole, ma solo un'altra forma di inerzia o passività meccanica, un ulteriore modo di "dormire" senza generare vera forza o volontà. La vera libertà non viene dal non fare, ma dal fare con consapevolezza, intenzione e presenza. Questa capacità, che è il frutto di un lungo lavoro su di sé, è completamente assente nell'analisi astratta di Agamben. La sua "cura" è un'altra astrazione concettuale che ignora le condizioni reali dell'azione umana.


2. L'Assenza di un Soggetto Autentico per la Trasformazione: Chi Agisce?

Le analisi di Agamben, pur potenti nel descrivere la condizione di reificazione, non offrono un soggetto autentico che possa attuare una trasformazione. Chi è che dovrebbe "disattivare" il biopotere o agire in "inoperosità"? L'uomo non cosciente non ha un vero "Io" unificato, ma solo una miriade di "piccoli io" frammentati e contraddittori, che si contraddicono a vicenda e non possono sostenere uno sforzo prolungato. Una "cura" che non prevede la creazione di un "uomo nuovo", dotato di una volontà unificata e di una coscienza reale, è destinata a fallire miseramente. Agamben diagnostica una malattia ma non riconosce che il "paziente" è troppo debole e disorganizzato interiormente per intraprendere qualsiasi terapia complessa senza prima iniziare un processo di auto-ricostruzione. La sua "cura" è un mero esercizio intellettuale che non considera la condizione reale, di frammentazione e incoscienza, di chi dovrebbe attuarla.


3. La Mancanza di Metodi Pratici per la Liberazione: La Teoria Senza il Lavoro

A differenza di Gurdjieff, che proponeva un "Lavoro su di Sé" concreto e pratico (auto-osservazione, ricordo di sé, sforzo intenzionale, trasformazione della sofferenza) per lo sviluppo della coscienza e la creazione di un essere autentico, Agamben si muove sul piano puramente concettuale. La sua "cura" rimane un'astrazione filosofica, disincarnata dalla possibilità di applicazione pratica. Il mondo reale, per Gurdjieff, richiede azione pratica e trasformazione interiore, non solo analisi e decostruzione intellettuale. Le brillanti elucubrazioni di Agamben sono come una complessa ricetta culinaria per un cuoco che non sa neanche accendere i fornelli: concettualmente perfetta, ma totalmente inapplicabile nella realtà concreta dell'esistenza umana. La sua filosofia, pur acuta, rimane un "lavoro senza scopo", incapace di produrre un impatto reale sulla condizione che descrive.


Oltre l'Astrattismo, Verso la Vera Liberazione

In definitiva, Gurdjieff rivelerebbe Agamben come un pensatore imprigionato nella propria astrazione mentale. La sua "diagnosi" è un tentativo acuto, ma disperato, di comprendere il mondo da una prospettiva che non può accedere alla profondità della realtà umana e alla possibilità del suo sviluppo. E la sua "cura"? È un'ulteriore conferma della sua incapacità di vedere oltre le illusioni proiettate dalla sua stessa meccanicità e da un intellettualismo che, pur elevato, rimane fine a sé stesso. Per Gurdjieff, la vera confutazione di Agamben non sta nel negare l'esistenza di poteri coercitivi o di dinamiche biopolitiche, ma nel dimostrare che la radice della "vita nuda" e della "schiavitù" non è primariamente esterna, ma interiore e ontologica. La vera condizione dell'uomo è la sua non-coscienza, la sua frammentazione e la sua meccanicità. Fino a quando l'uomo non inizia il "Lavoro su di Sé" per risvegliare la propria coscienza, qualsiasi diagnosi o "cura" proveniente da una mente astratta sarà nient'altro che un'altra, sofisticata, ma completamente inutile illusione intellettuale. La vera liberazione non può venire da un'analisi esterna della schiavitù, ma solo dalla trasformazione radicale dello stato di essere dell'individuo, dalla creazione di un "Io" autentico e cosciente capace di agire nel mondo con intenzione e libertà.



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