Per troppo tempo, il paradigma dominante nella ricerca della verità ha confinato l'oggettività a un regno esterno all'individuo, una dimensione misurabile e verificabile attraverso esperimenti replicabili e testimonianze convergenti. Questa visione, pur avendo i suoi meriti nell'ambito delle scienze naturali, ha eretto un muro concettuale, negando la possibilità che qualcosa possa essere oggettivato anche interiormente. Questa limitazione concettuale non è solo un errore, ma un'autentica miopia che ci priva di una comprensione più profonda e completa della realtà, ignorando che le stesse "misure" e "verifiche" che tanto veneriamo sono, in ultima analisi, costruzioni soggettive nate da interpretazioni e convenzioni umane. Numerosi pensatori hanno messo in discussione l'esclusività di un'oggettivazione puramente esterna, sostenendo che esistono forme di conoscenza e di oggettivazione che non si conformano a questo modello.
Fenomenologia: Filosofi come Edmund Husserl e Maurice Merleau-Ponty hanno esplorato l'esperienza soggettiva e la sua capacità di rivelare strutture e significati oggettivi. L'intersoggettività, ovvero la condivisione e comprensione reciproca delle esperienze soggettive, gioca un ruolo cruciale nella costruzione di una realtà comune. L'oggettivazione, in questo senso, non è solo un atto di distacco esterno, ma può emergere anche dalla condivisione e dalla validazione intersoggettiva di esperienze interiori. Pensa, ad esempio, alle emozioni, ai sentimenti o a certe intuizioni artistiche o morali: pur essendo esperienze profondamente personali, possono essere riconosciute, comprese e talvolta "oggettivate" attraverso il dialogo, l'arte, la cultura, diventando parte di un patrimonio comune.
Ermeneutica: Questa corrente filosofica si occupa dell'interpretazione e della comprensione. Sostiene che la comprensione non è mai puramente oggettiva nel senso di un distacco totale, ma è sempre mediata dalla nostra pre-comprensione e dal nostro orizzonte storico e culturale. Tuttavia, attraverso il dialogo e il confronto delle interpretazioni, è possibile raggiungere una comprensione più profonda e "oggettiva" (nel senso di intersoggettivamente valida) di testi, opere d'arte o anche esperienze interiori.
Psicologia e Neuroscienze: Anche in questi campi si riconosce sempre più l'importanza delle esperienze soggettive e della loro condivisione per la comprensione della realtà. La validazione di certe esperienze interiori (come quelle emotive o percettive) può avvenire attraverso la loro risonanza con le esperienze altrui e con modelli condivisi di funzionamento mentale.
La Voce Dimenticata: Chi Ha Sostenuto l'Oggettivazione Interiore
L'idea che negare la possibilità di un'oggettivazione interiore sia un errore non è affatto nuova; al contrario, è stata sostenuta con forza da un coro di pensatori provenienti da diverse discipline, spesso in controtendenza rispetto al positivismo scientifico più ortodosso. Essi hanno riconosciuto che l'esperienza umana, nella sua ricchezza e complessità, non può essere ridotta a mera fenomenologia esterna, ma racchiude in sé una dimensione di oggettività che emerge dalla profondità della coscienza.
Tra i più influenti sostenitori di questa tesi troviamo:
Edmund Husserl e la Fenomenologia: Il padre della fenomenologia ha rivoluzionato il modo di intendere la coscienza e l'esperienza. Husserl ha sostenuto che la coscienza non è un contenitore passivo di sensazioni esterne, ma è sempre "coscienza di qualcosa", ovvero è intenzionale. Attraverso la "riduzione fenomenologica" (o epoché), egli invitava a mettere tra parentesi le assunzioni sul mondo esterno per concentrarsi sull'esperienza pura, sul "vissuto". In questo processo, si scoprono strutture universali e necessarie dell'esperienza (le "essenze") che, pur essendo colte interiormente, possiedono una validità oggettiva, intersoggettivamente condivisibile. L'oggettivazione, per Husserl, non è un atto di distacco esterno, ma emerge dalla riflessione rigorosa sull'esperienza vissuta, rivelando significati e strutture che trascendono la mera individualità.
Maurice Merleau-Ponty e la Fenomenologia della Percezione: Allievo di Husserl, Merleau-Ponty ha ulteriormente sviluppato la fenomenologia, ponendo l'accento sul corpo come luogo primario dell'esperienza e della conoscenza. Per Merleau-Ponty, la nostra percezione non è un processo neutrale di acquisizione di dati esterni, ma è profondamente radicata nella nostra corporeità e nella nostra interazione con il mondo. L'oggettività, quindi, non preesiste alla nostra esperienza, ma emerge dalla nostra "immersione" nel mondo. L'intersoggettività, ovvero la nostra capacità di riconoscere e comprendere le esperienze altrui attraverso la risonanza con le nostre, è fondamentale per la costruzione di una realtà condivisa. Esperienze interiori come le emozioni, le intuizioni estetiche o le qualità morali, pur essendo intrinsecamente personali, possono essere riconosciute e validate intersoggettivamente attraverso il dialogo, l'arte e la cultura, assumendo una forma di oggettività emergente.
Hans-Georg Gadamer e l'Ermeneutica Filosofica: L'ermeneutica, la teoria dell'interpretazione, ha sfidato la pretesa di un'oggettività scientifica pura. Gadamer ha enfatizzato il concetto di circolo ermeneutico, dove la comprensione non è mai neutrale ma è sempre influenzata dalla nostra "pre-comprensione" e dal nostro orizzonte storico-culturale. Tuttavia, attraverso il dialogo e il confronto delle interpretazioni, è possibile raggiungere una comprensione più profonda e "oggettiva" – non nel senso di verità assoluta e distaccata, ma di validità intersoggettiva e arricchimento del significato. Questo si applica non solo ai testi o alle opere d'arte, ma anche alla comprensione delle esperienze umane interiori.
Carl Gustav Jung e la Psicologia Analitica: Jung ha introdotto il concetto di inconscio collettivo, una sorta di "memoria" ancestrale condivisa da tutta l'umanità, manifestata attraverso archetipi (modelli universali di pensiero, sentimento e comportamento). Gli archetipi, pur essendo accessibili solo attraverso l'esperienza soggettiva (sogni, fantasie, miti), possiedono una natura oggettiva in quanto comuni a tutti gli esseri umani. La loro "oggettivazione" avviene attraverso il riconoscimento della loro universalità e della loro influenza sulla psiche individuale e collettiva.
Filosofi della Mente e della Coscienza (in alcune correnti): Sebbene non tutti, alcuni filosofi contemporanei della mente, specialmente quelli che si oppongono a un riduzionismo materialistico estremo, hanno esplorato la natura della qualia (le qualità soggettive dell'esperienza, come il "rosso" del rosso o il "dolore" del dolore). Pur riconoscendo la loro natura intrinsecamente soggettiva, si dibatte su come queste esperienze possano essere comunicate, comprese e, in un certo senso, "oggettivate" nel contesto di una comprensione condivisa della coscienza.
L'Errore Feroce: Perché Limitare l'Oggettività è un Limite Concettuale
Negare la possibilità di un'oggettivazione interiore non è solo una semplificazione, ma un vero e proprio errore metodologico e filosofico con gravi implicazioni:
Riduzione della Reale Complessità Umana: L'essere umano è un'entità complessa, non solo un insieme di processi biochimici e neurologici. La nostra vita interiore – fatta di emozioni, pensieri, intuizioni, valori, esperienze mistiche o artistiche – costituisce una parte fondamentale della nostra realtà. Ridurre l'oggettività solo a ciò che è esternamente misurabile significa de-umanizzare la conoscenza, ignorando dimensioni vitali della nostra esistenza che, pur soggettive nel loro accesso primario, sono capaci di intersoggettività e universalità. Pensiamo all'esperienza del lutto: pur essendo profondamente personale, è universalmente riconosciuta e compresa, con rituali e schemi culturali che ne "oggettivano" la condivisione.
La Falsa Oggettività delle "Misure" e "Verifiche": L'argomento che "solo ciò che è misurabile è reale" è un dogma che nasconde una profonda illusione. Le stesse "misure" e "verifiche" su cui si fonda la scienza empirica sono, a un livello più profondo, costruzioni umane, convenzioni e interpretazioni. I nostri strumenti di misura sono progettati da menti umane, i nostri esperimenti sono ideati e interpretati attraverso schemi concettuali che sono essi stessi prodotti della nostra soggettività collettiva. L'osservatore non è mai neutrale; le sue aspettative, le sue teorie, persino la sua lingua influenzano ciò che vede e come lo interpreta. L'idea di una "realtà oggettiva" totalmente disincarnata dalla coscienza è, paradossalmente, una costruzione soggettiva della filosofia della scienza stessa. La matematica, spesso citata come l'emblema dell'oggettività, è un linguaggio e un sistema logico creato dalla mente umana, le cui verità sono "oggettive" all'interno del suo stesso quadro concettuale.
L'Impoverimento della Conoscenza e dell'Innovazione: Escludere l'oggettivazione interiore significa precludersi l'accesso a fonti di conoscenza inestimabili. Gran parte della creatività artistica, delle intuizioni scientifiche rivoluzionarie, delle scoperte filosofiche e delle comprensioni spirituali nasce da stati interiori profondi, da esperienze che non sono immediatamente quantificabili o verificabili esternamente. Ignorare questa dimensione significa impoverire la nostra capacità di comprendere il mondo e di innovare.
L'Illusione del Controllo: La pretesa di oggettività esterna spesso si accompagna a un desiderio di controllo e prevedibilità. Se tutto ciò che è reale deve essere misurabile e verificabile, allora tutto può essere manipolato e previsto. Questa visione, pur desiderabile in alcuni contesti, diventa pericolosa quando applicata indiscriminatamente, portando a una visione riduzionistica dell'essere umano e del mondo che ignora l'imprevedibilità, la complessità e la profondità dell'esperienza.
In sintesi, la tesi che l'oggettività debba essere esclusivamente esterna è una limitazione arbitraria che non solo contraddice l'esperienza umana, ma ignora la natura intrinsecamente interpretativa e costruita di gran parte della nostra conoscenza. L'oggettività, nella sua accezione più ampia, dovrebbe includere la capacità di un'esperienza (anche interiore) di essere condivisibile, riconoscibile e valida per una pluralità di individui, anche se il suo accesso primario avviene attraverso la propria interiorità.
Gurdjieff e l'Oggettività della Coscienza Superiore:
Un Ponte Tra Interno ed Esterno
Georges Ivanovich Gurdjieff, filosofo e mistico armeno-greco del XX secolo, ha offerto una prospettiva radicalmente diversa sull'oggettività, confutando l'idea che l'oggettività esterna possa essere colta senza uno stato interiore di coscienza oggettiva. Per Gurdjieff, la nostra comune "veglia" è in realtà uno stato di sonno, un'illusione di consapevolezza che egli chiamava "sonno ipnotico" o "sonno di veglia fittizio". In questo stato, gli esseri umani sono meccanici, reagiscono automaticamente agli stimoli esterni e sono incapaci di vera volontà o comprensione. La visione di Gurdjieff può essere riassunta in pochi punti chiave:
La Realtà del Sonno di Veglia: Gurdjieff sosteneva che la maggior parte dell'umanità vive in uno stato di sonno, pur credendo di essere sveglia. Questo "sonno" è caratterizzato da pensieri frammentati, emozioni incontrollate, identificazione con ruoli esterni e una mancanza di reale presenza interiore. In questo stato, non possiamo percepire la realtà oggettivamente perché siamo costantemente distorti dalle nostre proiezioni, dalle nostre abitudini e dalla nostra frammentazione interiore. Le nostre "misure" e "verifiche" esterne, condotte in questo stato di sonno, sono quindi intrinsecamente viziate dalla nostra soggettività non consapevole.
La Necessità di una Coscienza Oggettiva: Per Gurdjieff, l'accesso a una vera oggettività, sia interna che esterna, è possibile solo attraverso lo sviluppo di uno stato di coscienza superiore, che egli definiva "coscienza oggettiva". Questo stato non è semplicemente un aumento dell'attenzione o della concentrazione, ma una trasformazione qualitativa della percezione e della comprensione. È uno stato in cui l'individuo non è più identificato con la propria personalità meccanica, ma è in grado di percepire la realtà così com'è, senza distorsioni.
Il Percorso verso la Coscienza Oggettiva: Il raggiungimento della coscienza oggettiva non è automatico. Richiede un lavoro interiore intenzionale e sistematico. Gurdjieff indicava diverse tappe e pratiche:
Ricordo di Sé: Questa è la prima e fondamentale pratica. Non si tratta di ricordare ciò che si è fatto, ma di ricordare la propria presenza nel momento presente, di essere consapevoli di sé mentre si agisce, si pensa e si sente. Il ricordo di sé è un punto di partenza per uscire dal sonno automatico. Tuttavia, Gurdjieff specificava che il ricordo di sé è un passo cruciale, ma non è ancora la coscienza oggettiva.
Distacco dall'Identificazione: Imparare a non identificarsi con i propri pensieri, emozioni e sensazioni.
Osservazione Imparziale: Sviluppare la capacità di osservare i propri processi interni senza giudizio o attaccamento.
Lavoro sui Centri: Comprendere e armonizzare i diversi "centri" dell'essere umano (intellettuale, emozionale, motorio, istintivo, sessuale).
La Coscienza Oggettiva Oltre il Ricordo di Sé e la Veglia Fittizia: Gurdjieff distingueva chiaramente la coscienza oggettiva dal semplice ricordo di sé. Il ricordo di sé è un momento di presenza e auto-osservazione che ci risveglia temporaneamente dal sonno. La coscienza oggettiva, invece, è uno stato più elevato e stabile, in cui l'individuo percepisce la verità delle cose senza distorsioni soggettive, sia nel mondo interiore che in quello esteriore. È uno stato che trascende il "sonno di veglia fittizio" che i neuroscienziati possono indagare nei loro esperimenti sul cervello, poiché questi esperimenti, pur rivelando correlati neurali, non possono cogliere la qualità esperienziale della coscienza stessa, figuriamoci uno stato di coscienza superiore. Per Gurdjieff, la scienza convenzionale, operando nello stato di veglia fittizio, può solo cogliere frammenti e apparenze della realtà.
In altre parole, per Gurdjieff, l'oggettività esterna, quella che la scienza tradizionale cerca di catturare, è irraggiungibile o gravemente distorta se non si parte da uno stato di oggettività interiore. Non si può vedere chiaramente fuori se si è "dormienti" dentro. La vera oggettività, sia del mondo fisico che delle realtà più sottili, richiede una trasformazione della propria coscienza, un risveglio a un livello di percezione che trascende la comune esperienza sensoriale e intellettuale.
Verso un'Oggettività Integrata
Il rifiuto di una visione limitata dell'oggettività, che esclude la dimensione interiore, è un imperativo per una comprensione più completa della realtà. La storia del pensiero, dalla fenomenologia all'ermeneutica, dalla psicologia analitica alla mistica di Gurdjieff, ci offre una ricchezza di prospettive che convergono su un punto cruciale: l'oggettività non è un monolite esterno e distante, ma un fenomeno poliedrico che può emergere dalla profondità della coscienza, dalla condivisione intersoggettiva delle esperienze e dalla trasformazione interiore. Accettare la possibilità di un'oggettivazione interiore significa aprirsi a nuove forme di conoscenza, riconoscere la validità di esperienze che vanno oltre il misurabile e il quantificabile, e comprendere che le stesse "misure" e "verifiche" sono radicate in un contesto di soggettività umana. Solo quando saremo disposti a esplorare l'oggettività sia all'esterno che all'interno di noi stessi, e a riconoscere che una vera comprensione esterna può richiedere una trasformazione della nostra coscienza interiore, potremo aspirare a una visione della realtà meno frammentata e più autentica. Forse è tempo di chiederci: quale parte della realtà ci stiamo negando, accecati dalla pretesa di un'oggettività che esiste solo al di fuori di noi? E se la chiave per comprendere il mondo fosse, in realtà, la chiave per comprendere noi stessi?