La ricerca di un senso nel divino e nel cosmo ha animato l'umanità fin dalle sue origini. Ogni cultura, ogni civiltà ha tentato di dare una risposta alle domande fondamentali sull'esistenza di un'entità superiore e sul suo ruolo nella creazione. Tra le innumerevoli interpretazioni, quella proposta da Georges I. Gurdjieff, maestro spirituale del XX secolo, si distingue per la sua originalità e per il suo netto distacco dalle narrazioni teologiche convenzionali. Lungi dall'essere un semplice dogma, la sua visione si presenta come una complessa architettura cosmica, dove l'esistenza stessa di Dio è intrinsecamente legata alle leggi dell'universo e al destino dell'uomo.
Il "Dio" di Gurdjieff: Un Ente Immanente e Dinamico
La concezione gurdjieffiana di Dio, o meglio, dell'Assoluto e del Sole Assoluto, è profondamente diversa da quella di un'entità personale, onnipotente e benevola che interviene nelle vicende umane. Per Gurdjieff, l'Assoluto è la sorgente primaria, il punto di massima concentrazione e unità, che esiste immanentemente prima ancora della creazione dell'universo. Non è un Dio trascendente separato che opera dall'esterno, ma la realtà fondamentale da cui tutto emerge. Questa visione introduce una dinamica sorprendente: il Sole Assoluto non è statico o immutabile. La sua "immortalità" non è una permanenza inerte, ma un moto perpetuo, una continua auto-rigenerazione e auto-sostentamento. L'idea che esso non muoia, ma divenga immortale quando realizza la trascendenza dal tempo proprio realizzando una più piena immanenza per mezzo della creazione dell'universo, è cruciale. La creazione, quindi, non è un atto arbitrario o un mero desiderio, ma un processo attraverso il quale il Sole Assoluto espande e approfondisce la sua immanenza, manifestando più pienamente la sua presenza all'interno della propria creazione. Un punto chiave che emerge è il ruolo della creazione come meccanismo di equilibrio cosmico. Se il Sole Assoluto ha una tendenza intrinseca alla contrazione, allora la creazione diventa una necessità impellente. I "risultati evolutivi" dell'universo, le energie superiori generate e trasformate all'interno dei mondi creati, vengono riassorbiti dal Sole Assoluto. Questo ricircolo di energia e sostanza contrasta la sua tendenza alla contrazione, alimentandolo e sostenendone l'esistenza. È un'interdipendenza fondamentale: l'universo ha bisogno del Sole Assoluto per la sua esistenza, e il Sole Assoluto dipende dall'evoluzione dell'universo per mantenere il suo equilibrio dinamico e la sua "immortalità". L'azione diretta di questo "Dio" gurdjieffiano è limitata ai "Tutti i Mondi" che ha creato, operando attraverso leggi cosmiche rigorose piuttosto che con interventi personali o miracolosi. La divinità è qui vista come un principio ordinatore, un meccanismo che governa l'esistenza a tutti i livelli, e non un'entità con cui si può negoziare o che può essere influenzata dalla preghiera individuale.
La Sofferenza nella Creazione:
Necessità Cosmica vs. Atto di Benevolenza
Una delle critiche più acute e provocatorie che emerge dalla prospettiva gurdjieffiana riguarda il concetto di una creazione divina intesa come atto di pura bontà o dono. Se consideriamo la gerarchia dei mondi – con il Sole Assoluto, poi i mondi successivi via via soggetti a un numero crescente di leggi (fino alle 48 leggi del nostro mondo fisico) – è evidente che scendere di livello significa incontrare maggiore sofferenza, limitazioni e imperfezioni. La creazione di sottosistemi, di mondi in scale inferiori soggetti a sempre più leggi, e quindi sottoposti a molta sofferenza, se fosse un atto di pura bontà, apparirebbe non solo illogico, ma persino sadico. La prospettiva di Gurdjieff capovolge questa narrazione: la creazione non è un gesto benevolo ma una necessità cosmica, una costrizione a cui Dio stesso deve sottomettersi se vuole vivere una vita immortale. Senza questa creazione e l'assorbimento dei suoi frutti evolutivi, il Sole Assoluto sarebbe "condannato a morire", a contrarsi fino alla sua estinzione. Questa visione offre una risposta radicalmente diversa al problema del male e della sofferenza nel mondo. Non si tratta di una "prova" divina o di un "mistero" imperscrutabile, ma di un inevitabile sottoprodotto di un processo cosmico di sopravvivenza che coinvolge la divinità stessa. La sofferenza non è un errore, ma una componente funzionale del grande meccanismo di riciclo energetico che alimenta il Sole Assoluto.
Gurdjieff e le Concezioni di Dio nelle Grandi Religioni:
Un Confronto Illuminante
Per comprendere appieno la portata della visione gurdjieffiana, è utile confrontarla con le concezioni di Dio e dello scopo della creazione nelle principali religioni mondiali.
Ebraismo
Dio (Yahweh): È un'entità unica, trascendente, creatrice onnipotente e onnisciente. È personale, interviene nella storia e stipula patti con l'umanità. È un Dio di giustizia e misericordia.
Scopo della Creazione: L'universo è creato dal nulla (creatio ex nihilo) come un atto di libera volontà e bontà divina. Lo scopo è la manifestazione della gloria di Dio e la possibilità per l'uomo di stabilire un rapporto con il Creatore, obbedire ai suoi comandamenti e vivere in armonia con la sua volontà. La sofferenza è spesso vista come una conseguenza del peccato o una prova per rafforzare la fede.
Rapporto con l'Uomo: Dio si preoccupa attivamente dell'individuo, ascolta le preghiere e guida il popolo eletto.
Cristianesimo
Dio (Trinità): Unico Dio in tre persone (Padre, Figlio, Spirito Santo). È trascendente, onnipotente, onnisciente, amorevole e giusto. Gesù Cristo è il Dio incarnato.
Scopo della Creazione: Simile all'ebraismo, la creazione è un atto di amore e bontà divina, fatto per amore e affinché ci sia una comunione con la creazione stessa, in particolare con l'umanità. L'uomo è creato a immagine e somiglianza di Dio, con il libero arbitrio. La sofferenza è spesso legata al peccato originale e alla possibilità di redenzione attraverso la fede in Cristo.
Rapporto con l'Uomo: Dio è intimamente coinvolto nella vita umana, offre salvezza, risponde alle preghiere e si occupa del destino individuale di ogni anima.
Islamismo
Dio (Allah): Unico, indivisibile, trascendente, onnipotente e onnisciente. È il Creatore di tutto ciò che esiste e non ha eguali. Non è personificabile in modo antropomorfo.
Scopo della Creazione: L'universo è creato dalla volontà di Allah per un obiettivo ben preciso: la sottomissione (Islam) a Lui. Gli esseri umani sono stati creati per adorare Allah e vivere secondo le sue leggi, come rivelato nel Corano. La vita terrena è una prova.
Rapporto con l'Uomo: Allah è giusto e misericordioso, provvede all'umanità, ma le persone sono responsabili delle proprie azioni e saranno giudicate. Si occupa della condotta dell'individuo e della società nel suo complesso.
Induismo (diverse scuole, ma con elementi comuni)
Dio/Divinità (Brahman, Trimurti, Devā): Spesso una concezione panenteistica o panteistica. Brahman è la realtà ultima, impersonale, senza attributi, la fonte di tutto. Divinità personali come Brahma (il Creatore), Vishnu (il Preservatore) e Shiva (il Distruttore) sono manifestazioni di Brahman.
Scopo della Creazione: La creazione è spesso vista come Lila (il gioco divino), un'espansione ciclica e un'illusione (Maya). Non c'è uno scopo esterno o una necessità per Dio, ma piuttosto una manifestazione della sua natura o una fase di un ciclo cosmico senza inizio né fine. L'obiettivo individuale è il Moksha (liberazione dal ciclo di nascite e morti).
Rapporto con l'Uomo: La divinità è immanente nell'Atman (anima individuale) di ogni essere. L'attenzione è spesso rivolta alla realizzazione della propria natura divina interiore e al dharma (il giusto agire).
Buddhismo (non teistico in senso stretto)
Dio/Divinità: Il Buddhismo non ha un concetto di un creatore onnipotente o di un Dio personale nel senso abramitico. Il focus è sulla natura della realtà, la sofferenza (dukkha) e il percorso verso l'illuminazione.
Scopo della Creazione: Non c'è un atto di creazione da parte di un Dio. L'esistenza è vista come un ciclo continuo di causa ed effetto (Pratītyasamutpāda) e di rinascite (samsara). Lo scopo non è la volontà di un creatore, ma la comprensione della verità e la liberazione dalla sofferenza.
Rapporto con l'Uomo: L'individuo è responsabile della propria liberazione. La "salvezza" è un processo di auto-trasformazione basato sulla comprensione delle Quattro Nobili Verità e sul Nobile Ottuplice Sentiero.
Il Divario Abissale
Il confronto rivela un divario abissale. Nelle religioni tradizionali, Dio è un'entità che crea per amore, per la sua gloria, o per un piano divino che include la possibilità di salvezza o illuminazione per l'uomo. L'uomo è spesso al centro della creazione, e Dio è un'entità che si preoccupa profondamente del suo destino individuale. La visione di Gurdjieff demolisce questa prospettiva antropocentrica. Non c'è spazio per un Dio che "si occupa del singolo uomo" nel senso tradizionale. Il suo "Dio" opera su scala cosmica, mosso da una necessità esistenziale interna piuttosto che da un desiderio di benevolenza o di relazione personale con le sue creature inferiori. L'uomo è solo una parte, seppur potenzialmente significativa, di un meccanismo gigantesco e implacabile. La sofferenza non è un test o una punizione, ma una componente inevitabile del processo di produzione delle energie necessarie per la sopravvivenza del Sole Assoluto.
La Cruda Verità: Un Dio Costretto
Accettare la concezione di Gurdjieff significa affrontare una verità scomoda: l'idea di un Dio che crea l'universo come un atto di pura bontà, o come un dono disinteressato, è non solo ingenua ma, da una prospettiva puramente logica, "totalmente assurda". Se la creazione di mondi inferiori, sempre più complessi e soggetti a un numero crescente di leggi, inevitabilmente generanti sofferenza, fosse un atto deliberato e non necessario, allora un tale creatore potrebbe essere percepito solo come un "pazzo sadico". La salvezza di questa immagine di Dio, per Gurdjieff, risiede proprio nel fatto che la creazione non è un lusso o un capriccio, ma una "necessità cosmica". È una "costrizione a cui Dio stesso deve sottomettersi" se non vuole morire. Il Sole Assoluto si contrae naturalmente; solo attraverso la creazione, il "lavoro" dell'universo e il ritorno dei suoi risultati evolutivi, esso può mantenere la sua esistenza immortale. Questo ribalta completamente la dinamica: non è l'uomo che esiste per compiacere Dio, ma in un certo senso, Dio che "ha bisogno" dell'universo (e delle energie prodotte in esso, anche attraverso la sofferenza) per la propria sopravvivenza. Questa prospettiva, sebbene spietata nella sua logica, offre una coerenza interna che molte teodicee faticano a raggiungere. La sofferenza non è più un enigma inspiegabile o una macchia sulla bontà divina, ma una componente funzionale di un sistema più grande e inesorabile. E poiché questa prospettiva non presenta neanche l'ombra di qualcosa che possa definirsi "rassicurante", in assenza totale di "auto-tranquillanti", desideriamo chiudere questo articolo con qualche frase ironica per mitigare l'effetto sui deboli di cuore: