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Il Giudice e il Ladro di Legna (Tradizione Sufi/Medio Orientale)


Nella prosperosa città di Shiraz, rinomata per i suoi poeti e i suoi mercati, viveva un Giudice di nome Qadi Mansour. Qadi Mansour era conosciuto in tutta la regione per la sua severità e la sua intransigenza nel far rispettare la legge. Ogni venerdì, dopo la preghiera, teneva udienza nella piazza principale, e le sue sentenze erano rapide e spesso dure, specialmente contro i piccoli crimini che affliggevano la gente comune. La sua voce tuonava contro la disonestà, la pigrizia e, soprattutto, il furto. "La legge è la spina dorsale della società!" proclamava spesso, "E chi la infrange merita la giusta punizione, senza sconti né favoritismi!"

Un inverno particolarmente rigido si abbatté sulla città. La legna da ardere scarseggiava e i prezzi erano saliti alle stelle, rendendola un lusso per i più poveri. Molte famiglie pativano il freddo. Tra queste c'era la famiglia di un umile contadino, Hassan, che aveva una moglie malata e tre figli piccoli. Nonostante i suoi sforzi, Hassan non riusciva a procurarsi abbastanza legna per scaldare la sua casa. Vedendo i suoi cari tremare e la moglie peggiorare, la disperazione lo spinse a un atto che mai avrebbe pensato di compiere.

Una notte, sotto il manto della luna nuova, Hassan si intrufolò nel bosco privato del ricco mercante Omar, noto per la sua avarizia e per possedere vaste proprietà. Con il cuore in gola e le mani tremanti, tagliò rapidamente un piccolo fascio di rami secchi, il minimo indispensabile per una notte di calore. Sapeva di commettere un reato, ma la necessità era più forte della paura.

Purtroppo per lui, una guardia notturna del mercante lo vide e lo catturò. Il mattino seguente, Hassan fu trascinato davanti a Qadi Mansour. La piazza era gremita. Hassan, tremante, confessò il suo crimine, spiegando la sua disperazione e la malattia della moglie. Implorò pietà, non per sé, ma per la sua famiglia.

Qadi Mansour, con il suo volto severo, ascoltò impassibile. Poi, con voce tonante, dichiarò: "La legge è chiara! Il furto è furto, sia un sacco d'oro che un fascio di legna! Se permettessimo a chiunque di rubare per 'necessità', il caos regnerebbe! La tua famiglia è una tua responsabilità, non della società! Sei colpevole e sarai punito con trenta frustate in pubblico, come monito per tutti coloro che pensano di infrangere la legge!"

La folla mormorò. Alcuni annuirono, altri provarono pietà per Hassan, ma nessuno osò contraddire il Qadi. La sentenza fu eseguita, e Hassan, umiliato e dolorante, tornò a casa, il suo cuore più pesante che mai.

Quella sera stessa, il freddo era penetrante. Qadi Mansour, nella sua lussuosa dimora, sedeva accanto a un fuoco scoppiettante, avvolto in morbide vesti. Il suo servitore, un uomo anziano e fedele di nome Rashid, entrò per servirgli il tè. Mentre versava la bevanda, Rashid notò qualcosa di strano: la legna che bruciava nel camino del Qadi aveva un profumo insolito, dolce e resinoso, che non era tipico della legna comune venduta al mercato.

Rashid era un uomo discreto, ma curioso. Il giorno seguente, mentre era al mercato, sentì dei boscaioli discutere con rabbia. "Qualcuno sta rubando la legna pregiata dal bosco sacro di cedri, quello riservato solo per il Tempio!" esclamò uno. "Sono alberi protetti, e la loro legna è usata solo per cerimonie speciali! Chi oserebbe un tale sacrilegio?"

Rashid, con un brivido, collegò il profumo della legna nel camino del Qadi con le parole dei boscaioli. Il bosco sacro di cedri era un luogo inviolabile, la cui legna era considerata sacra e il cui taglio era severamente proibito a chiunque, tranne che per usi rituali specifici e con permessi speciali. Nessun mercante la vendeva.

Quella notte, Rashid, mosso da un senso di giustizia, si appostò vicino al bosco sacro. E con orrore, vide il Qadi Mansour stesso, avvolto in un mantello scuro, intrufolarsi tra gli alberi. Con un'ascia che aveva nascosto sotto il mantello, il Qadi iniziò a tagliare rami da un cedro antico, con la stessa fretta e furtività che Hassan aveva mostrato. Non era per necessità, poiché il Qadi era ricco e poteva permettersi la migliore legna; era per l'avidità di avere il meglio, la legna più profumata e rara, senza pagarne il prezzo.

Rashid tornò a casa con il cuore pesante. Il giorno dopo, durante l'udienza pubblica, Rashid si fece coraggio. Si avvicinò al Qadi Mansour e, con voce ferma ma rispettosa, disse: "Mio Signore, ho una domanda per lei. Se un uomo ruba un fascio di legna per scaldare la sua famiglia morente, e un altro uomo ruba legna sacra per il proprio piacere e l'ostentazione, chi dei due è il più colpevole?"

Qadi Mansour impallidì. La sua faccia si contrasse. Sapeva che Rashid aveva capito. La folla, confusa, guardava tra il Qadi e il suo servitore. Il Qadi, con voce tremante, cercò di riprendere il controllo: "Rashid, queste sono domande retoriche e irrilevanti! La legge è uguale per tutti!"

Ma Rashid non si arrese. "Maestro, lei ha punito Hassan con trenta frustate per un fascio di legna comune. Se la legge è uguale per tutti, e il furto di legna sacra è un crimine ben più grave, quale dovrebbe essere la punizione per chi commette un tale sacrilegio, specialmente se è un uomo di legge?"

Un silenzio tombale cadde sulla piazza. Gli occhi della folla si posarono sul Qadi, che ora sudava freddo sotto il suo turbante. La sua ipocrisia era stata esposta. Non era la legge che amava, ma il potere che essa gli conferiva, e la possibilità di applicarla in modo selettivo, per mantenere la sua immagine di giustizia mentre soddisfaceva i suoi vizi in segreto.

Qadi Mansour, incapace di sostenere lo sguardo della folla e la verità esposta, si alzò bruscamente e si ritirò nel suo palazzo, non tenendo più udienze pubbliche per molti giorni. La sua reputazione di giustizia era stata irrimediabilmente macchiata dalla sua stessa ipocrisia.


Significato:

Questa storia sottolinea come l'ipocrisia sia la discrepanza tra ciò che si predica e ciò che si pratica. Il Qadi Mansour è l'emblema di chi usa la legge e la moralità come strumenti di potere e facciata pubblica, mentre in privato si concede le stesse (o peggiori) trasgressioni che condanna negli altri. La storia insegna che la vera giustizia e la vera autorità non derivano dalla posizione o dalla severità delle sentenze, ma dall'integrità personale e dalla coerenza tra parole e azioni. L'ipocrisia, alla fine, si rivela sempre, minando la fiducia e la credibilità.



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