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Gurdjieff e il "Difficile Problema della Coscienza": Il Fallimento della Scienza e della Filosofia


Gurdjieff, con la sua affermazione che scienza e filosofia "cercano la coscienza dove essa non esiste", lancia una critica pungente e provocatoria all'approccio tradizionale di queste discipline. Per capire appieno la sua posizione, è fondamentale esplorare le ragioni dietro questa severa valutazione.


La Riduzione al Materiale e al Misurabile

Il problema centrale, secondo Gurdjieff, risiede nella tendenza innata della scienza a ridurre i fenomeni a ciò che è misurabile, quantificabile e riproducibile. La scienza moderna, con la sua enfasi sull'osservazione empirica e sulla sperimentazione, eccelle nello studio del mondo fisico. Il cervello, i neuroni, le sinapsi: questi sono tutti oggetti di indagine scientifica legittima. Tuttavia, Gurdjieff suggerisce che la coscienza non è semplicemente un prodotto del cervello, né può essere interamente compresa analizzando la sua composizione materiale. Cercare la coscienza in un laboratorio, sotto un microscopio o attraverso scansioni cerebrali, sarebbe come cercare la bellezza di una sinfonia analizzando solo le vibrazioni delle corde di uno strumento o la composizione chimica dell'inchiostro su uno spartito. Sebbene questi elementi siano correlati alla sinfonia, non ne costituiscono la sua essenza intangibile e soggettiva. La scienza, nel suo tentativo di oggettivare la coscienza, ne perde la sua qualità più intrinseca: l'esperienza interiore.


La Prigione del Concetto e della Definizione

Parallelamente, la filosofia, pur operando su un piano più astratto, cade nella stessa trappola della dipendenza dai concetti e dalle definizioni. I filosofi hanno dibattuto per secoli sulla natura della coscienza, elaborando teorie complesse e sistemi di pensiero. Tuttavia, Gurdjieff argomenta che questo sforzo è vano finché la coscienza rimane un'entità puramente intellettuale, un oggetto di speculazione piuttosto che di esperienza diretta. "Nessuna definizione può aiutarti in questo caso e nessuna definizione è possibile finché non comprendi cosa devi definire," afferma Gurdjieff. Questa frase è cruciale. Come si può definire un sapore se non lo si è mai assaggiato? Come si può descrivere la percezione del rosso a qualcuno che è cieco dalla nascita? La coscienza, per Gurdjieff, è proprio questo: una qualità esperienziale. Tentare di rinchiuderla in una definizione verbale o concettuale è come cercare di catturare il vento in una rete. La definizione diventa una sostituzione dell'esperienza, un surrogato che ci illude di aver compreso qualcosa che, in realtà, ci sfugge.


Il Paradosso dell'Osservatore Esterno

Sia la scienza che la filosofia, nel loro approccio tradizionale, si pongono come osservatori esterni. Tentano di analizzare la coscienza da una distanza, come se fosse un oggetto separato da colui che osserva. Ma la coscienza, secondo Gurdjieff, non è qualcosa "fuori" di noi; è la qualità stessa dell'essere presenti. Non possiamo studiarla oggettivamente perché l'atto stesso di studiarla implica un livello di coscienza. Il vero campo di indagine non è l'esterno, ma l'interno. Non è il cervello come organo, ma l'esperienza soggettiva di quel cervello. Non è la definizione teorica, ma la sensazione e il "gusto" di essere vivi e consapevoli in un dato momento. La scienza e la filosofia, cercando la coscienza al di fuori di questa esperienza diretta, si condannano a non trovarla mai.


La Necessità di un Cambiamento di Prospettiva

In definitiva, la critica di Gurdjieff non è un rigetto totale della scienza o della filosofia in sé, ma un invito a un cambiamento radicale di prospettiva riguardo allo studio della coscienza. Egli suggerisce che queste discipline, pur essendo valide nei loro rispettivi ambiti, non possiedono gli strumenti o la metodologia adeguati per accedere alla vera natura della coscienza. Per Gurdjieff, la comprensione della coscienza non è un traguardo intellettuale, ma un processo di risveglio e sviluppo personale. Richiede un'auto-osservazione onesta e continua, la capacità di percepire i propri stati interni e di distinguere tra i momenti di vera presenza e quelli di sonno automatico. Solo attraverso questa esperienza diretta e intima possiamo iniziare a "comprendere cosa dobbiamo definire" e a "gustare" la coscienza per quello che è realmente. Se la scienza e la filosofia potessero integrare questo approccio esperienziale, potrebbero forse gettare una luce nuova sulla coscienza, ma solo dopo aver abbandonato la pretesa di trovarla in ambiti dove, per Gurdjieff, è assente. Le parole di Gurdjieff sulla cultura e la personalità, e il loro legame con i "cosmi", ampliano in modo significativo il suo discorso sulla coscienza. Esse rivelano una critica ancora più profonda alla nostra percezione della realtà e del nostro stesso essere, suggerendo che gran parte di ciò che consideriamo "noi stessi" e la nostra "civiltà" è costruito su fondamenta illusorie.


L'Illusione della Personalità e la Vera Essenza

Gurdjieff introduce una distinzione fondamentale tra personalità ed essenza. La personalità è la maschera che indossiamo, il risultato dell'educazione, delle influenze sociali, delle abitudini acquisite e delle reazioni condizionate. È tutto ciò che impariamo, imitiamo e assorbiamo dal nostro ambiente. È "ciò che non ci appartiene", nel senso che non è la nostra natura intrinseca, ma un costrutto esterno che si sovrappone a essa. È la facciata che presentiamo al mondo e che spesso scambiamo per la nostra vera identità. L'essenza, al contrario, è il nucleo più profondo e autentico dell'individuo, la sua natura innata, ciò con cui nasce. È ciò che è unico e irripetibile in ognuno di noi, il seme del nostro potenziale non ancora sviluppato. Gurdjieff suggerisce che la maggior parte delle persone vive quasi interamente dalla personalità, con l'essenza che rimane dormiente o soffocata. Il punto cruciale è che la personalità può essere persa, alterata o portata via artificialmente. Questo significa che la nostra identità acquisita è fragile e vulnerabile. Un trauma, un lavaggio del cervello, o anche semplici cambiamenti ambientali possono alterare profondamente la nostra personalità. Questo è un richiamo sconcertante alla precarietà di ciò che consideriamo il nostro "io". La vera forza non risiede nella personalità, ma nell'essenza, che è immutabile.


Cultura: Il Prodotto di un "io" illusorio

Le parole di Gurdjieff diventano ancora più incisive quando lega la personalità alla cultura. Egli afferma che "La cultura crea la personalità ed è allo stesso tempo il prodotto e il risultato della personalità." Questa è una relazione circolare e, per Gurdjieff, viziosa. La società in cui cresciamo modella la nostra personalità, inculcando norme, valori, credenze e modi di pensare. Ma allo stesso tempo, tutta la "nostra vita, tutto ciò che chiamiamo civiltà, tutto ciò che chiamiamo scienza, filosofia, arte e politica, è creato dalla personalità delle persone". Questo significa che tutte le nostre creazioni più celebrate – la nostra intera civiltà – sono il risultato di individui che agiscono prevalentemente dalla loro personalità, cioè da un aspetto non autentico di sé. Se la personalità è un costrutto artificiale e mutabile, allora anche le nostre più grandi opere e sistemi sono fondati su basi instabili. La scienza che studiamo, la filosofia che elaboriamo, l'arte che ammiriamo, la politica che governa le nostre vite: tutto ciò è intriso delle limitazioni, dei pregiudizi e dell'ignoranza di individui che non hanno realizzato la loro vera essenza. Questo non è un mero giudizio morale, ma un'osservazione profonda sulla qualità della nostra esistenza collettiva. Se la coscienza è intermittente e la maggior parte delle persone vive in uno stato di "sonno" della personalità, allora le creazioni di tale stato non possono che riflettere tale limitazione. Mancano di una comprensione autentica della realtà, di una visione basata sulla vera essenza e su una coscienza più elevata.


La Vera Scienza e Filosofia: L'Idea dei Cosmi

Gurdjieff non si limita a criticare, ma indica anche una via d'uscita. La "vera scienza e la vera filosofia" devono essere fondate su una comprensione delle leggi della relatività e sull'"idea dei cosmi". L'idea dei cosmi nel sistema di Gurdjieff si riferisce a una visione cosmologica complessa e gerarchica dell'universo, in cui ogni livello è relativo all'altro e tutto è interconnesso da leggi universali. Non si tratta solo di astronomia, ma di una comprensione profonda delle relazioni e delle interdipendenze tra tutte le cose, dal macrocosmo (l'universo intero) al microcosmo (l'essere umano). Comprendere le leggi della relatività in questo contesto non è solo la relatività fisica di Einstein, ma una relatività ontologica: la consapevolezza che ogni cosa è relativa a qualcos'altro, che non esiste un'assoluto isolato, e che la nostra posizione nell'universo influenza la nostra percezione. Quando Gurdjieff afferma che "la scienza e la filosofia, nel vero significato di questi termini, iniziano con l'idea dei cosmi", intende che per essere veramente valide, queste discipline non possono limitarsi allo studio frammentato del mondo fenomenico o alle speculazioni della sola mente razionale (prodotti della personalità). Devono invece basarsi su una comprensione olistica e universale che riconosca l'interconnessione di tutto e la posizione dell'uomo all'interno di questo ordine cosmico. Solo allora potranno accedere a una conoscenza che va oltre la superficie e tocca le leggi fondamentali dell'esistenza. Questo implica che una vera scienza e una vera filosofia non sono solo accademiche, ma richiedono un cambiamento interiore nell'individuo. Solo quando si inizia a trascendere le limitazioni della personalità e a connettersi con la propria essenza, si può iniziare a percepire le "leggi dei cosmi" e a sviluppare una comprensione che è veramente "scientifica" e "filosofica" nel senso più profondo. È un richiamo a una conoscenza che non è solo teorica, ma esistenziale e trasformativa.


Il Collegamento con la Coscienza

Il legame con il discorso precedente sulla coscienza è ora evidente. Se la coscienza è una proprietà mutevole che esiste a diversi gradi, e se la maggior parte delle persone vive nel "sonno" della personalità, allora le nostre creazioni culturali (scienza, filosofia, arte) riflettono questo stato di coscienza limitato. Non sono il prodotto di individui pienamente coscienti o in contatto con la loro essenza. Il lavoro sulla coscienza, per Gurdjieff, è intrinsecamente legato al risveglio dell'essenza e alla trascendenza della personalità. Solo quando un individuo inizia a operare da un livello di coscienza più elevato e da un contatto più profondo con la sua essenza, può veramente iniziare a comprendere le leggi universali ("i cosmi") e a contribuire a una "vera scienza e vera filosofia" che non siano solo riflessioni della personalità, ma espressioni di una comprensione più profonda e autentica della realtà.


La Società come Riflesso della Personalità Dominante

Considerando le premesse di Gurdjieff, sembra innegabile che gran parte della nostra società, così come la conosciamo, sia profondamente modellata dalla personalità. Pensiamo alla nostra cultura del consumo: è guidata da desideri indotti, dalla ricerca di status, dal confronto con gli altri, tutti elementi che Gurdjieff attribuirebbe al regno della personalità. Le mode, le tendenze, la costante ricerca di novità non sembrano scaturire da un profondo contatto con l'essenza, ma piuttosto da un bisogno di validazione esterna e dall'identificazione con ruoli e immagini. Anche nei campi che Gurdjieff cita, come la scienza, la filosofia e la politica, spesso osserviamo dinamiche che rispecchiano più la personalità che l'essenza. La ricerca accademica, per quanto rigorosa, può essere influenzata da ambizione, bisogno di riconoscimento, competizione, o dalla semplice perpetuazione di paradigmi esistenti. In politica, le strategie mirano spesso al potere, alla manipolazione delle masse, all'affermazione di ideologie che servono interessi di parte, più che al bene comune guidato da una comprensione profonda e disinteressata. La filosofia, a volte, si perde in speculazioni astratte che non toccano l'esperienza vissuta, rimanendo confinata a un livello puramente intellettuale. Le disuguaglianze sociali, i conflitti, la costante necessità di distrazione e intrattenimento possono essere visti come sintomi di una società dominata da personalità scollegate dalla loro essenza. Quando prevale la personalità, l'attenzione è rivolta verso l'esterno, verso il guadagno, il controllo, l'immagine, portando a una frammentazione e a una mancanza di vera empatia o comprensione profonda dell'altro. In conclusione, la nostra società appare in gran parte come un complesso e vasto riflesso delle personalità dei suoi membri: un amalgama di aspirazioni egoiche, condizionamenti sociali e identificazioni superficiali. Tuttavia, la speranza risiede nel riconoscimento di quei rari e preziosi momenti in cui la "vera essenza" emerge, offrendoci un assaggio di ciò che l'umanità potrebbe veramente creare se solo si risvegliasse dal suo "sonno" collettivo.


La Religione non è Pensiero o Sentimento, ma Azione

Il punto centrale di Gurdjieff è che la religione non è una mera speculazione intellettuale o un'emozione passeggera. Non basta "pensare" di essere religiosi o "sentire" un legame con una fede. Se la religione si limita a questo, essa degrada a "fantasia o filosofia". Con "fantasia", Gurdjieff intende un'illusione auto-indotta, una piacevole immaginazione senza alcun fondamento nella realtà. Con "filosofia", si riferisce a un sistema di pensiero astratto, scollegato dall'esperienza e dalla trasformazione pratica. Per Gurdjieff, la vera religione è "vivere la sua religione più che può". Questo implica un'integrazione totale dei principi religiosi nella vita quotidiana, in ogni azione, in ogni scelta. La religione diventa un modo di essere, non solo un insieme di dogmi da accettare passivamente o di riti da osservare superficialmente.


Le Azioni Rivelano l'Atteggiamento Reale

La frase "sono le sue azioni che mostrano il suo atteggiamento nei confronti della religione, e solo attraverso le azioni può mostrare questo atteggiamento" è un richiamo potentissimo all'integrità e alla coerenza. Gurdjieff suggerisce che le parole e i sentimenti possono ingannare, ma le azioni no. Non si può affermare di appartenere a una religione se il proprio comportamento è in aperta contraddizione con i suoi precetti. Questo punto si lega direttamente al concetto di personalità di Gurdjieff. Spesso, la personalità è colei che si proclama "cristiana", "buddista" o "musulmana", che aderisce esteriormente a credi e tradizioni, ma senza che queste influenzino profondamente le sue azioni. Questo è un "fare finta", un'identificazione superficiale con un'etichetta religiosa, senza il vero lavoro interiore che essa richiederebbe.


La Critica ai "Cristiani" (e, per estensione, a ogni "credente")

L'esempio specifico dei cristiani è una critica diretta e tagliente, ma può essere estesa a qualsiasi gruppo che si auto-proclami aderente a una fede senza viverla. Gurdjieff afferma che coloro che si dicono cristiani "non hanno alcun diritto di farlo, perché non solo non riescono a realizzare le esigenze della loro religione, ma non pensano nemmeno che queste esigenze debbano essere soddisfatte." Questa osservazione è cruciale per due motivi:

  1. Mancanza di realizzazione pratica: Molti non riescono a mettere in pratica gli insegnamenti fondamentali della propria religione (amore per il prossimo, perdono, umiltà, ecc.). Questo è un fallimento dell'azione.

  2. Mancanza di consapevolezza dell'esigenza: Ancora più grave è la mancanza di coscienza che queste esigenze debbano essere soddisfatte. Questo indica un profondo stato di "sonno" o di autoinganno. La personalità ha creato un'illusione di religiosità che non viene mai messa alla prova nel mondo reale. Non c'è nemmeno la consapevolezza che esista un divario tra ciò che si dice di credere e ciò che si fa.

Questo si collega al suo discorso sulla coscienza: se l'uomo è in uno stato di sonno, non è realmente cosciente delle proprie azioni o della loro discordanza con i principi professati. L'adesione a una religione diventa un'altra forma di automaticità, un comportamento acquisito dalla personalità, privo di vera intenzione e consapevolezza.


Connessioni con il Discorso Precedente

  1. Personalità vs. Essenza: La religione "di facciata" è un prodotto della personalità, che opera con etichette e auto-identificazioni superficiali. La "vera religione" (il "fare") richiederebbe un'attivazione dell'essenza, un luogo interiore da cui scaturisce un'azione autentica e coerente.

  2. Coscienza come "Fare": Proprio come la coscienza non è un pensiero ma un'esperienza (un "gusto", una "sensazione"), così la religione non è un concetto ma un'azione. Il risveglio della coscienza è intrinsecamente legato alla capacità di agire in modo consapevole e intenzionale, non meccanico.

  3. Il Fallimento della Filosofia/Teologia Astratta: La religione ridotta a "filosofia" è la stessa critica mossa alla filosofia e alla scienza che cercano la coscienza dove non è. In questo caso, la teologia o la dottrina religiosa diventano sterili se non si traducono in un'azione vissuta.

In sintesi, Gurdjieff demolisce la comoda distinzione tra fede e azione. Per lui, l'una non può esistere senza l'altra. La vera religione non è un club a cui si aderisce nominalmente, ma un cammino di trasformazione interiore che si manifesta attraverso le azioni concrete nella vita di ogni giorno. È un appello alla responsabilità individuale e alla coerenza tra ciò che si professa e ciò che si è veramente.



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