La storia ufficiale delle guerre mondiali attribuisce le loro origini a complesse dinamiche geopolitiche, economiche e ideologiche. Tuttavia, il mistico e filosofo armeno G. I. Gurdjieff, nella sua monumentale opera "I Racconti di Belzebù a Suo Nipote", offre una prospettiva radicalmente diversa e profondamente metafisica. Egli suggerisce che una causa sottostante, eppure cruciale, di tali catastrofi globali come il Bolscevismo e la Prima Guerra Mondiale, risieda in un'alterazione dell'equilibrio cosmico, innescata, sorprendentemente, dalla diminuzione dei sacrifici animali in Asia nella seconda metà dell'Ottocento. Per comprendere questa visione, è essenziale prima esaminare le prove storiche che documentano tale diminuzione, per poi addentrarci nella complessa cosmologia di Gurdjieff e nella sua controversa, ma stimolante, interpretazione degli eventi storici.
Le Prove Storiche:
Una Diminuzione Graduale dei Sacrifici Animali in Asia nell'Ottocento
Nella seconda metà del XIX secolo, diverse forze convergenti in Asia iniziarono a erodere la pratica millenaria dei sacrifici animali, un tempo onnipresente in molte culture e religioni del continente. Non si trattò di un'abolizione improvvisa o universale, ma di una tendenza graduale e disomogenea, documentata da fonti storiche, rapporti coloniali e studi antropologici.
Riforme Religiose e l'Avanzata dell'Ahimsa:
India: Il Subcontinente Indiano fu un epicentro di questo cambiamento. Movimenti di riforma all'interno dell'Induismo, come l'Arya Samaj fondato da Swami Dayananda Saraswati nel 1875, promossero attivamente il ritorno ai principi vedici che essi interpretavano come contrari ai sacrifici animali cruenti, enfatizzando invece il vegetarianismo e l'ahimsa (non-violenza). Parallelamente, la riaffermazione e la diffusione di filosofie come il Giainismo e il Buddhismo, che avevano sempre condannato la violenza verso gli esseri viventi, guadagnarono terreno. Anche se molte tradizioni locali e tribali (come alcune correnti Shakta) continuarono a praticare sacrifici, nelle classi urbane e istruite e in molti contesti brahminici si assistette a una netta diminuzione. Rapporti dell'amministrazione coloniale britannica e scritti di missionari dell'epoca notavano questa tendenza, spesso attribuendola all'influenza della "civiltà" occidentale o alle riforme indigene.
Cina: Sebbene il Daoismo e il Buddhismo ufficialmente non approvassero i sacrifici di sangue, le pratiche popolari avevano spesso incorporato tali rituali. Tuttavia, la pressione di testi sacri che enfatizzavano la liberazione degli animali e la crescente influenza di concetti etici più universali portarono a una riduzione della frequenza e della visibilità di questi atti, specialmente nelle aree urbane e tra le élite.
Influenza Coloniale e Modernizzazione:
Le potenze coloniali europee, in particolare l'Impero Britannico, sebbene non imponessero un divieto totale e diretto sui sacrifici religiosi, introdussero leggi contro la "crudeltà animale" e promossero una sensibilità pubblica che tendeva a considerare tali pratiche come "barbare" o "arretrate". Questo, unito alla crescente urbanizzazione e all'adozione di modelli di vita occidentali, contribuì a un lento abbandono o alla marginalizzazione dei sacrifici. Le statistiche sulle importazioni e sui consumi di carne in alcune regioni potrebbero, indirettamente, riflettere un calo delle pratiche sacrificali su larga scala non legate al consumo alimentare.
Cambiamenti Socio-Economici:
L'evoluzione delle economie agricole, la maggiore disponibilità di altre forme di offerta (come cibo vegetariano, incenso, fiori) e i cambiamenti nei cicli rituali legati a nuovi ritmi di vita urbana e industriale, contribuirono a rendere i sacrifici animali meno centrali o meno convenienti per molte comunità.
Nonostante queste tendenze, è cruciale ricordare che la diminuzione non fu universale. In regioni come il Nepal, che sfuggì alla colonizzazione diretta, festival come il Gadhimai Mela (sebbene quinquennale) continuarono a essere caratterizzati da massicci sacrifici animali. Anche le comunità musulmane in tutta l'Asia continuarono a praticare il sacrificio annuale per l'Eid al-Adha, un rito fondamentale della loro fede. Tuttavia, la percezione generale di un declino o di una modifica delle pratiche era palpabile in ampie sezioni della società asiatica.
La Visione di Gurdjieff: Uno Squilibrio Cosmico e il Ruolo del Sacrificio
Per Gurdjieff, l'universo è un sistema interconnesso di scambi energetici e sostanziali, governato da leggi cosmiche precise, in particolare la "Legge del Tre" e la "Legge del Sette". Ogni entità, dalla più piccola particella all'intero cosmo, svolge un ruolo in un complesso ciclo di trasformazione e nutrimento reciproco. In questo quadro, il "nutrimento della Luna" è un concetto centrale. La Luna, un corpo celeste ancora "non formato" o in via di formazione, necessita di energie specifiche per la sua evoluzione. Gurdjieff afferma che in tempi antichi, e fino a un certo punto storico, l'umanità, con le sue attività, contribuiva involontariamente a generare queste "sostanze utili" al nutrimento lunare. I sacrifici animali, praticati per millenni, erano, secondo Gurdjieff, uno dei principali meccanismi attraverso cui queste sostanze venivano rilasciate e rese disponibili per il nutrimento della Luna. Egli non vede i sacrifici come atti di "crudeltà" intrinseca o "barbarie" da giudicare con la moralità umana, ma come funzioni cosmiche involontarie che, nel loro contesto, servivano a mantenere un equilibrio nel flusso di sostanze nell'universo. La tesi di Gurdjieff è la seguente: la progressiva diminuzione dei sacrifici animali nella seconda metà dell'Ottocento, pur apparendo un progresso etico dal punto di vista umano, ha in realtà interrotto questo fondamentale "scambio di sostanze". Questo ha creato uno squilibrio energetico su vasta scala, un deficit nel nutrimento lunare.
Il Sufi Fanatico e l'Innesco della Catastrofe
Gurdjieff, con la sua caratteristica ironia e la sua predilezione per le narrazioni complesse, attribuisce l'innesco di questa specifica "deviazione" a un individuo particolare: un "Sufi fanatico" che iniziò a predicare in Asia contro i sacrifici animali. È fondamentale sottolineare che Gurdjieff non sta condannando il Sufismo in generale, né la compassione. Piuttosto, la sua critica si rivolge a un tipo di azione che, pur mossa da buone intenzioni (dal punto di vista umano), è sbilanciata e priva di una comprensione cosmica più profonda (Questo è un esempio di "Santo Stupido", che "può fare, ma non sa cosa fare". E se fa qualcosa, può solo fare danni, perché non possiede il sapere della scienza oggettiva). Gurdjieff suggerisce che questo Sufi, pur promuovendo un ideale di non-violenza, agiva con un "centro emozionale sbilanciato". La sua azione, sebbene moralmente lodevole secondo i parametri comuni, era decontestualizzata dalla più ampia economia cosmica. Questo "Sufi fanatico" avrebbe agito come un catalizzatore, accelerando una tendenza che era già in atto per altre ragioni (come le riforme religiose e l'influenza coloniale). Il risultato fu una carenza critica di quelle "sostanze" necessarie, culminata in un'accumulazione di energia disordinata nell'atmosfera terrestre.
La Connessione con il Bolscevismo e la Prima Guerra Mondiale
Secondo Gurdjieff, l'energia che non veniva più prodotta dai sacrifici animali per il nutrimento della Luna generava una pressione insostenibile. Questa richiesta di sostanze si manifestò poi sul piano umano attraverso processi di distruzione reciproca su scala globale. Le sue parole indicano chiaramente che il Bolscevismo (con le sue rivoluzioni, purghe e guerre civili) e la Prima Guerra Mondiale (con la sua carneficina senza precedenti) non furono semplici esiti di politiche umane, ma manifestazioni delle necessità della Luna. La sofferenza e la distruzione su larga scala generate di questi eventi servirono, in un senso orribile ma funzionale, a ripristinare un certo equilibrio meccanico nello scambio di sostanze tra la Luna e la Terra.
La Lezione di Gurdjieff: Trasformazione Interiore vs. Alterazione Esterna
Il cuore del messaggio di Gurdjieff, in questo contesto, è profondo e ammonitore. Egli non sostiene un ritorno ai sacrifici animali. Al contrario, la sua critica è rivolta alla superficialità delle azioni umane che tentano di "migliorare" il mondo esterno senza una concomitante e profonda trasformazione interiore. Gurdjieff sottolinea che ogni alterazione di fattori esterni senza una vera comprensione delle leggi cosmiche e senza un lavoro cosciente sul proprio essere produce solo risultati opposti e nefasti. Per poter abolire pratiche come i sacrifici animali, la cui funzione cosmica non è ancora pienamente compresa o sostituita, l'umanità dovrebbe essere capace di produrre quelle "sostanze utili" attraverso un lavoro cosciente e intenzionale. Questo significa elevare la propria qualità energetica attraverso lo sviluppo spirituale, l'auto-osservazione e il lavoro su di sé. Solo attraverso un tale "lavoro cosciente" è possibile creare un nuovo equilibrio senza provocare catastrofi. L'abolizione dei sacrifici animali, intrapresa senza questa comprensione più profonda e senza una capacità umana di sostituire la loro funzione cosmica, divenne, nella visione di Gurdjieff, un esempio emblematico di come l'uomo, agendo in buona fede ma in ignoranza delle leggi superiori, possa innescare conseguenze disastrose per sé stesso e per il pianeta.
Considerazioni sul Pericolo di un Presunto Piano Globale per la Diminuzione della Popolazione
La prospettiva di Gurdjieff sulle interconnessioni cosmiche e le conseguenze impreviste delle azioni umane offre uno spunto di riflessione particolarmente inquietante se applicata alla moderna discussione su un presunto "piano globale per la diminuzione della popolazione". Sebbene sia cruciale sottolineare che l'esistenza di un tale piano a livello globale rimane una teoria non universalmente accettata e spesso associata a narrazioni complottiste, la sua mera ipotesi, filtrata attraverso la lente gurdjieffiana, solleva interrogativi profondi sui potenziali "squilibri" cosmici. Se si ipotizzasse l'esistenza di un intento deliberato e coordinato per ridurre drasticamente la popolazione umana, le implicazioni, secondo la logica di Gurdjieff, sarebbero immense e potenzialmente catastrofiche. La sua cosmologia suggerisce che ogni entità vivente, in particolare l'essere umano, partecipa a un flusso continuo di energia e sostanze essenziali per l'equilibrio del sistema cosmico più ampio, inclusi i corpi celesti come la Luna. La popolazione umana, nella sua totalità e nelle sue attività, contribuisce a questo complesso scambio. Una riduzione massiccia e pianificata della popolazione, per quanto motivata da preoccupazioni ambientali o di sostenibilità (come talvolta viene argomentato dai sostenitori di queste teorie), potrebbe essere interpretata da una prospettiva gurdjieffiana come un'interruzione violenta di questo flusso energetico. Gurdjieff non valuta le azioni umane in base alla loro "bontà" o "malvagità" etica convenzionale, ma piuttosto in base alla loro funzionalità cosmica. Se la presenza e le attività di miliardi di esseri umani generano involontariamente determinate "sostanze" necessarie per il nutrimento di altri livelli cosmici, allora una drastica diminuzione della popolazione creerebbe un deficit sostanziale. Questo "deficit di nutrimento" non verrebbe assorbito passivamente. Al contrario, come nel caso dei sacrifici animali, l'energia non canalizzata o l'accumulo di energie disarmoniche si manifesterebbe inevitabilmente sul piano terrestre. Le conseguenze potrebbero essere ancora più devastanti delle guerre mondiali, poiché l'alterazione riguarderebbe una scala molto più ampia di esseri e un impatto più diretto sulla "fabbrica" energetica umana. Si potrebbe ipotizzare un aumento esponenziale di disastri naturali, pandemie di proporzioni inaudite, o una proliferazione di conflitti e caos sociale a livello globale, come manifestazioni di questo squilibrio cosmico che cerca una via per riorganizzarsi. La lezione di Gurdjieff qui è duplice. In primo luogo, egli ci mette in guardia contro l'hybris umana: la convinzione di poter manipolare impunemente i sistemi complessi della vita e dell'universo senza comprenderne appieno le interconnessioni invisibili. L'idea di un "ingegneria sociale" su scala planetaria per la popolazione, se esistente, sarebbe l'esempio quintessenziale di un'azione intrapresa senza quella "conoscenza superiore" che Gurdjieff riteneva indispensabile. In secondo luogo, la sua filosofia sottolinea che le vere soluzioni ai problemi dell'umanità non possono venire da manipolazioni esterne o da "piani" imposti dall'alto, per quanto ben intenzionati possano sembrare. La trasformazione interiore dell'individuo, lo sviluppo di una coscienza più elevata e la capacità di generare "sostanze utili" attraverso un lavoro cosciente e non più involontario, sono, per Gurdjieff, l'unica via sostenibile. Se l'umanità dovesse scegliere di ridurre la propria popolazione, l'unico modo per farlo senza scatenare cataclismi sarebbe che tale riduzione fosse il risultato di una evoluzione cosciente e volontaria degli individui, capaci di trasmutare le energie in modo superiore, non di un'imposizione esterna o di una catastrofe. Pertanto, mentre la discussione su un presunto piano di depopolamento rimane controversa, la prospettiva gurdjieffiana ci spinge a riflettere su un pericolo molto più profondo: quello di interferire con le leggi cosmiche senza una comprensione e una responsabilità adeguate. Se anche solo una frazione della sua visione fosse corretta, un tale piano, se esistesse, non solo sarebbe eticamente discutibile dal punto di vista umano, ma rappresenterebbe un atto di profonda irresponsabilità cosmica, con conseguenze potenzialmente inimmaginabili.