Nel vasto e spesso oscuro panorama della coscienza umana, Gurdjieff emerge come una figura titanica, un esploratore implacabile delle profondità dell'essere che non temeva di squarciare il velo delle illusioni. Tra le sue molteplici denunce, una risuona con particolare urgenza oggi: quella rivolta all'intellettuale moderno, un individuo spesso venerato, ma che, secondo Gurdjieff, opera in uno stato di profonda irresponsabilità e incoscienza. Questi pensatori, accecati dalla loro stessa attività mentale, sono tragicamente ignari degli effetti nefasti che le loro elucubrazioni, prodotte dal centro intellettuale isolato, hanno sulla ragione e sulla psiche delle persone. Gurdjieff, con la sua inconfondibile e talvolta brutale franchezza, non risparmia critiche. Egli definisce queste produzioni mentali come "elucubrazioni soggettive che contribuiscono alla liquefazione dello psichismo". Non si tratta di un'iperbole, ma di un'accurata diagnosi di un processo corrosivo. Quando la mente opera in isolamento, distaccata dagli altri centri – quello emotivo e quello motorio-istintivo – e soprattutto dalla vera conoscenza di sé, essa genera idee che, lungi dall'illuminare, offuscano e disgregano. La ragione, che dovrebbe essere uno strumento di discernimento e di connessione con la realtà, viene così ridotta a una mera arena per la proliferazione di astrazioni senza radici. Questa attività intellettuale slegata è, per Gurdjieff, un sintomo di una condizione più profonda: la mistificazione dello psichismo. Gli intellettuali, credendo di essere portatori di verità, finiscono per "mistificare" il loro psichismo e quello altrui, che del resto è già sin troppo mistificato così com'è...". In altre parole, le loro costruzioni mentali, per quanto elaborate e sofisticate, non fanno altro che aggiungere strati di illusione a una coscienza già frammentata e distorta. Non c'è un'autentica ricerca, ma piuttosto un autoinganno perpetuo, una fuga dalla scomoda realtà del proprio stato interiore. L'espressione forse più potente e sintetica che Gurdjieff utilizza per descrivere l'attività della mente isolata e prevalente è "versare il vuoto nel nulla" o "cercare mezzogiorno alle tre". Queste frasi catturano l'essenza della futilità di un pensiero che non è ancorato alla realtà vissuta e alla totalità dell'essere. È un esercizio sterile, un'agitazione senza scopo che, pur producendo una mole impressionante di concetti, non porta a nessuna vera comprensione o trasformazione. Al contrario, confonde, disorienta e, in ultima analisi, distrugge la capacità delle persone di orientarsi nel mondo con autenticità e discernimento.
Il Pericolo delle Idee Sradicate
L'accusa di Gurdjieff non è una semplice critica accademica; è un avvertimento urgente. Le idee, specialmente quelle filosofiche, non sono entità innocue confinate nelle aule universitarie o nelle pagine dei libri. Quando sradicate dalla realtà, prive di un ancoraggio nella totalità dell'essere umano e ignoranti delle loro ripercussioni pratiche, esse possono generare disastri immani, sia a livello individuale che collettivo. La storia, purtroppo, è costellata di esempi lampanti di come brillanti (o sedicenti tali) elucubrazioni intellettuali abbiano condotto a conseguenze catastrofiche. Ecco sette esempi in cui idee di stampo filosofico hanno, in modi diversi, contribuito a qualche forma di disastro:
L'Estremismo Ideologico e la Deumanizzazione del Nemico (Marxismo-Leninismo e Nazismo): Sebbene estremamente diverse, sia le teorie marxiste-leniniste che quelle naziste hanno fornito le basi intellettuali per regimi totalitari che hanno causato decine di milioni di morti. Il concetto di "lotta di classe" o di "razza superiore" ha offerto una giustificazione pseudo-scientifica per la persecuzione, la pulizia etnica e lo sterminio di intere popolazioni. L'idea astratta di un "nemico oggettivo" o di una "utopia perfetta" ha permesso ai leader di ignorare la sofferenza umana e di compiere atrocità in nome di un ideale intellettuale. La ragione, in questi contesti, è stata ridotta a un mero strumento per razionalizzare la brutalità, diventando una "girandola di frottole" che ha ingannato milioni di persone.
Il Relativismo Morale Assoluto e la Paralisi Etica: L'idea che ogni verità sia relativa e che non esistano standard morali oggettivi, se spinta alle sue estreme conseguenze, può condurre a una paralisi etica e all'incapacità di discernere il bene dal male. Quando tutto è "valido" e non c'è più un terreno comune su cui basare giudizi morali, si apre la porta all'indifferenza, al cinismo e all'opportunismo. Individui e società possono sentirsi giustificati a perseguire i propri interessi egoistici senza alcuna considerazione per le conseguenze sui più deboli o sull'ambiente. La "liquefazione dello psichismo" si manifesta qui come un'erosione della bussola morale interna.
Il Solipsismo Filosofico e l'Isolamento Psichico: Alcune correnti filosofiche, esplorando la natura della coscienza, hanno talvolta sfiorato il solipsismo, l'idea che solo la propria mente esista e che tutto il resto sia una costruzione della propria coscienza. Sebbene una speculazione interessante a livello teorico, l'adozione di una tale prospettiva nella vita quotidiana può portare a un profondo isolamento psichico, all'alienazione dagli altri e a una difficoltà nel costruire relazioni significative. La realtà esterna diventa un'illusione, e la persona si ritira in una prigione mentale autoimposta, "versando il vuoto nel nulla" nella ricerca di una verità inesistente.
L'Idealismo Romantico e la Disillusione Esistenziale: Le filosofie romantiche, che esaltavano l'individuo, l'emozione e l'ideale, pur avendo portato a grandi espressioni artistiche, hanno talvolta contribuito a creare aspettative irrealistiche sulla vita e sull'amore. La ricerca di un "ideale" assoluto in un mondo imperfetto può condurre a profonda disillusione, cinismo e, in alcuni casi, a disturbi psicologici come la depressione. Quando la realtà non corrisponde all'elucubrazione fantasiosa, la ragione si dibatte in un mare di frustrazione e la psiche si "liquefa" sotto il peso di aspettative irrealizzabili.
Il Positivismo Estremo e la Perdita di Senso: Il positivismo, nel suo tentativo di ridurre tutta la conoscenza a ciò che è empiricamente verificabile e scientificamente misurabile, ha contribuito enormemente al progresso scientifico. Tuttavia, nelle sue forme più estreme, ha talvolta negato o sminuito l'importanza di questioni non misurabili, come il significato della vita, la spiritualità o i valori intrinseci. Questo ha potuto lasciare un vuoto esistenziale, portando a una crisi di significato in molte persone che, pur avendo abbondanza materiale, si trovano a "cercare mezzogiorno alle tre" in termini di realizzazione personale e spirituale.
L'Utilitarismo Incondizionato e la Giustificazione dell'Inumanità: L'utilitarismo, nella sua formulazione più rigida, sostiene che la decisione moralmente corretta è quella che produce il massimo bene per il maggior numero di persone. Sebbene possa sembrare un principio nobile, applicato senza discernimento o sensibilità per i diritti individuali, può condurre a giustificare sacrifici umani o ingiustizie in nome di un "bene superiore" astratto. La ragione viene qui piegata per razionalizzare azioni che, a un livello più profondo e intuitivo, sarebbero considerate inumane, diventando uno strumento per "mistificare" la propria coscienza morale.
La Sovra-Intellettualizzazione della Vita e la Disconnessione dal Corpo: In molte filosofie moderne e contemporanee, c'è una tendenza a dare un'enfasi sproporzionata all'analisi, alla concettualizzazione e alla decostruzione, trascurando o addirittura disprezzando l'esperienza corporea, l'intuizione e la saggezza pratica. Questa "ipertrofia intellettuale" porta a individui che vivono prevalentemente nella loro testa, incapaci di sentire il proprio corpo, di connettersi con le proprie emozioni in modo sano, o di agire efficacemente nel mondo reale. Il risultato è spesso l'ansia, la depressione, e una profonda disconnessione dalla vita stessa, dove la mente, pur girando all'impazzata, "versa il vuoto nel nulla".
Le Crociate: Guerre sante condotte con brutalità, saccheggi e massacri, in nome di Dio e della liberazione della Terra Santa, spesso con obiettivi politici ed economici mascherati da fervor religioso.
L'Inquisizione: Persecuzioni, torture e condanne a morte per "eretici" o "infedeli", in nome della purezza della fede.
Guerre di Religione: Conflitti sanguinosi tra diverse confessioni cristiane, dove l'amore fraterno veniva soffocato dall'odio settario.
Colonialismo e Oppressione: La conversione forzata e la sottomissione di popolazioni indigene, giustificate come un dovere divino di portare la "vera fede".
Risvegliare la Ragione dalla Letargia
La critica di Gurdjieff agli intellettuali non è un invito all'anti-intellettualismo o alla negazione del valore del pensiero. Al contrario, è un appello urgente a una responsabilità più profonda, a un'integrazione della ragione con gli altri aspetti dell'essere umano. La vera intelligenza, secondo Gurdjieff, non risiede nell'elucubrazione astratta, ma nella capacità di percepire la realtà nella sua totalità, di agire con consapevolezza e di contribuire alla propria evoluzione e a quella dell'umanità. Gli intellettuali, con la loro influenza sulla formazione delle menti e delle visioni del mondo, hanno una responsabilità immensa. Non possono permettersi di rimanere ciechi e ignari degli effetti delle loro idee. Devono riconoscere che le loro "elucubrazioni soggettive" possono davvero "contribuire alla liquefazione dello psichismo" delle persone, che le loro "idee fantasiose" possono "ridurre la ragione a una mera girandola di frottole" e che, in ultima analisi, rischiano solo di "mistificare" ulteriormente uno psichismo già fin troppo frammentato. È tempo di smettere di "versare il vuoto nel nulla" e di "cercare mezzogiorno alle tre". È tempo di un risveglio, di un ritorno alla saggezza radicata nella totalità dell'essere.