Michael Currer-Briggs: Siamo tutti molto preoccupati per la questione delle storie che si raccontano su di lui, per l'incapacità di far comprendere davvero il punto. Qualcosa accade nel raccontarlo.
Helen Entwistle: Qualcosa va storto.
Michael Currer-Briggs: Può andare storto, come i pettegolezzi...
Helen Entwistle: Non è facile comprenderne la profondità.
Michael Currer-Briggs: Non è affatto facile.
Helen Entwistle: Perché vivevamo con una certa intensità. Qualcosa nell'essere in sua presenza produceva questa intensità. In parte ovviamente era molto artificiale, ma comunque c'era. Fu un periodo intenso. Gurdjieff disse una cosa mentre parlava a tutti molto seriamente: "Ho più di mille anni". Non ricordo la cifra esatta, ma aggiunse: "Presto me ne andrò e non tornerò, ma poi, per voi, inizierà il vero lavoro".
Michael Currer-Briggs: Cosa pensi che intendesse con ciò?
Helen Entwistle: Disse, "Il vero lavoro per voi comincia da lì". Disse questo a tutti noi. Beh, penso che quando uno era lì, in quella situazione – e questo mi è stato confermato dopo la sua morte – si sentiva piuttosto come un bambino con la bocca aperta in attesa di essere nutrito con il cucchiaio, appeso al filo di ogni sua parola, e quindi non cresceva mentre lui era lì, ma veniva solo nutrito. Questo è un aspetto della questione. Ma una volta andato via, ciascuno di noi sarebbe rimasto da solo. Non sarebbe stato più un sogno di ciò che avrei potuto fare domani, non più un riflesso di lui, e ci si scontrava duramente con tutto ciò. Quando uno era lì – e non credo che fosse solo perché ero giovane nel lavoro, ma era lo stesso per tutti – c'era la questione di volergli mostrare come comprendeva, come poteva lavorare ― come un bambino: “Guarda cosa so fare!”. Poi avveniva l'effettivo svolgimento di ciò senza alcun testimone. Ricordo molto chiaramente una cosa. Per me era un grande uomo, al di là della mia comprensione, ma non ho mai visto nessuno comportarsi con vera umiltà. Fece un movimento, che era un movimento di preghiera. Con grande difficoltà si inginocchiò, incrociò le braccia sul petto e abbassò la testa. Per me era come un pianeta, inginocchiato lì, che conosceva il suo posto.
Ina Lewisohn: In un certo senso, non si capiva ciò che diceva, ma ciò che intendeva attraverso quello che diceva, perché parlava di cibo, credo, e gli dissi: "Non mangi quello che mangiamo noi?". "No", disse, "Non mangio ciò che mangiate voi", e anche questo, scoprii che non significava cibo normale. Ricordo che una volta le persone stavano facendo dei movimenti, e c'era Gurdjieff in piedi. Mi misi in fondo e sentii quello che disse: "Da nessuna parte, da nessuna parte puoi vedere quello che vedi qui".
Roger Nickalls: Quando partecipai a due di quelle sessioni di pasto e lettura tutta la mia incertezza e i miei sospetti scomparvero. Ebbi la sensazione che, per quanto poco potessi comprendere quest'uomo, potevo fidarmi di lui. E da lì non era molto lontana la consapevolezza che non si poteva non amarlo. Ciò che vidi in lui, per un brevissimo momento ma con grandissima intensità, fu "Sofferenza". Non la nostra solita autocommiserazione addolorata, lamentosa, abbandonata, ma una luce creativa, qualcosa che, per chiunque abbia il privilegio di vederla, deve incoraggiarlo a lavorare per ciò che gli è stato mostrato.
Hylda Field: Un'altra cosa... alla mia prima visita di tre settimane a Parigi, mandò molte di noi donne al bagno turco con Lise ― portava lui stesso gli uomini al bagno turco, mentre noi venivamo mandati con Lise ― e quella notte mi diede qualcosa da fare ogni mattina e ogni sera, molto ordinaria, non esoterica, e una volta fatta mi sarei dovuta ricordare di lui. "È una piccola cosa", disse Gurdjieff. Rimasi un po' sorpresa, ma la feci, e alcuni mesi dopo, quando fui di nuovo lì, mi chiese se la stavo ancora facendo, e io dissi: "Sì". - "È per la vita", disse. E la cosa straordinaria è che di tutte le cose, gli esercizi, le idee che mi sono state date da allora in tutti questi anni, anche attraverso i brutti momenti che tutti noi conosciamo, quando tutto il resto sembrava aver fallito, una cosa non mi ha mai deluso, proprio quella "piccola cosa".
Michael Currer-Briggs: Quando conobbi Gurdjieff mi apparve come un padre per me. Fu un'impressione talmente grande che si può anche descrivere in relazione all'impressione di tutta la visita. Credo infatti che una delle impressioni più importanti sia stata quella di trasferirsi in un altro mondo, in un mondo completamente diverso e separato, che era un mondo nel mondo. Gurdjieff creava un'atmosfera così incredibilmente forte, anche nei dettagli fisici, come tenere chiuse le tende nel suo appartamento, così ti trovavi sempre sotto la luce artificiale, e quando andavi lì, ed eri nel suo appartamento, fuori non esisteva più nulla. Era quasi doloroso lasciare l'atmosfera che lo circondava. Non ho mai avuto alcun dubbio che ci fosse qualcosa di così forte da essere familiare, come se ci fossi già stato. Tutto quello che è successo, quello che stava facendo, era di ripulirti da ogni forma di associazione. Quindi, in un certo senso, uno si trovava semplicemente svuotato da quel processo e non aveva il tempo di pensare ai suoi pensieri ordinari organizzati, le sue associazioni ordinarie. Jane Heap ci aveva parlato così tanto dei primi giorni al Prieuré, e questo ovviamente le aveva creato un'impressione diversa da ciò che era successo da allora rispetto a quando andai per la prima volta a Parigi nel suo appartamento. Dopotutto, Gurdjieff era arrivato a un periodo diverso nel suo lavoro, ed era un uomo molto più anziano, quindi in un certo senso la mia prima impressione fu di un uomo benevolo, divertente, meraviglioso, caloroso e saggio, ma a volte devo ammettere che vidi dei lampi spaventosi di potere e improvvisi cambiamenti di umore: in qualche modo si era sempre consapevoli di questa possibilità. Ma, certamente, penso che abbia sempre creato questa “evacuazione” di tutto ciò che c'era in una persona.
Rina Hands: Alzai lo sguardo e non potei evitare di vedere il signor Gurdjieff. Il sollievo fu sconfinato. Non vidi la faccia selvaggia e ipnotizzata descritta dal libro di Rom Landau. Sopra i suoi larghi baffi grigi il suo volto era scuro e livido, ma i suoi occhi erano pieni di vita e sembrava guardarmi direttamente con un'espressione di straordinaria dolcezza, cosa che mi colpì assolutamente al cuore. Fu lo sforzo più difficile che abbia mai compiuto in tutta la mia vita, ma lui semplicemente lo ignorò. Sembrava non essersi nemmeno accorto della mia presenza, e devo confessare che cominciai a sentirmi abbastanza offesa. Poi dopo cena, mentre distribuiva bambole ai bambini, all'improvviso mi chiamò e mi diede due bambole, dicendo: "Per le tue fatiche".
Anny Juer: Quando entrai in contatto con l'insegnamento del sig. Gurdjieff attraverso il sig. Ouspensky, mi fu mostrata una via. Per molto tempo mi accontentai di ascoltare le idee, di “impararle”, quasi come una bambina che ascolta a occhi aperti un argomento che l'affascina. Ma venne il momento in cui volevo di più: desideravo sentire, per così dire, il cuore dell'insegnamento. Desideravo avere gli strumenti per far vivere in me l'insegnamento e farlo mio. Quando arrivai per la prima volta a Parigi per incontrare il signor Gurdjieff ebbi paura. Paura di essere delusa, paura della mia stessa incapacità di comprendere. Ma presto sentii che c'era un padre. Direi un simbolo di tutti i padri, con gli occhi pieni di amore e compassione. Occhi che "vedevano". Avevo paura del signor Gurdjieff? No, ero in soggezione nei suoi confronti, come quando ci si trova di fronte a qualcosa che è molto al di là della propria portata. Trovai ciò che ero venuta a cercare. Il signor Gurdjieff fece vivere il suo insegnamento per me; mi condusse a vedere e sperimentare lentamente in me stessa qualcosa della grande verità che tutti abbiamo in noi.
Helen Entwistle: Ricordo che una volta qualcuno pianse mentre suonava il suo piccolo harmonium, ed egli disse: "Non piangere ora, piangi dopo che sarò morto".
Questi ricordi sono stati registrati tra il 1978 e il 1981, e pubblicati in The Gurdjieff Society: Report of the Council to Members (1998–1999), pp. 6–9.
La Gurdjieff Society di Londra produce una pubblicazione annuale intitolata Report of the Council to Members. Questi ricordi su Gurdjieff da parte di alcuni dei loro membri provengono da quella pubblicazione.
