Nel cuore dell'Anatolia, in una modesta tekke, viveva un maestro noto per la sua rigorosa onestà intellettuale. Un uomo austero che vedeva nell'umiltà la porta d'accesso alla vera conoscenza. Un giorno, egli radunò i suoi allievi e pronunciò un sermone di grande profondità:
"Ascoltate attentamente," disse, con voce grave, "La prima e più cruciale tappa sulla via della Saggezza è la realizzazione della propria nullità. Dovete vedere che le immagini che costruite di voi stessi—il 'saggio', l''erudito', l''uomo pio', il 'poeta', l''uomo intelligente'—sono solo illusioni, fumo che si dissolve al primo vento di verità. Solo quando vi sarete purificati dall'orgoglio e avrete compreso di non essere nulla, potrete accogliere il Tutto."
L'insegnamento era chiaro come l'acqua di sorgente, ma ciò che accadde dopo fu l'immediata manifestazione dell'antica trappola. Ali, un mercante che aveva lasciato la seta per la spiritualità, si alzò in piedi con gli occhi luminosi: "Ho capito! Sono un nulla! Che liberazione!" E immediatamente pensò: Sono il primo ad aver veramente compreso la nullità! Devo condividerla!
Poco dopo, Fahri, un giovane ambizioso, si portò una mano al petto: "Mi sento vuoto, privo di ogni pretesa! Sono purificato!" E subito dopo sussurrò al vicino: Se sono nulla, non c'è più nulla da imparare. Sono pronto a insegnare.
Nel giro di una settimana, la tekke si svuotò. Gli allievi, anziché rimanere a meditare sulla propria nullità, si sparsero per i villaggi limitrofi. Ognuno di loro si era trasformato in un Maestro Improvvisato della Nullità.
"Venite e sedete ai miei piedi!" proclamava Ali, il saggio-mercante, seduto su un tappeto elegante. "Io ho realizzato il mio vuoto! E se io, un uomo che è un nulla, posso essere così illuminato, immaginate quanto lo sarete voi! Pagate solo un modesto compenso per il mio insegnamento di nullità."
"Non ascoltate lui!" gridava Fahri in piazza. "La vera nullità è gratuita! Se siete nulla, non avete bisogno di nulla! Ma sappiate che io, il Maestro Fahri, l'incarnazione del nulla, sono l'unico che può guidarvi in questo stato sublime!"
Il vero Maestro osservava la scena con un sospiro di delusione. La realizzazione della nullità si era trasformata nella più grande e ironica delle illusioni: l'orgoglio di essere umili.
La notizia di questa ondata di "Maestri del Nulla" giunse infine alle orecchie del Mullah Nasreddin, che in quel momento era intento a bere un bicchiere di ayran all'ombra di un fico. Nasreddin decise di far visita ai nuovi maestri. Si recò per primo da Ali, che ora indossava una veste più bianca e impeccabile di quella del suo vecchio Maestro.
"Oh, Saggio Ali," disse Nasreddin, inchinandosi con esagerata riverenza. "Sono giunto perché ho saputo che hai finalmente realizzato la tua nullità, e che ora la insegni."
"Esattamente, Mullah," rispose Ali, gonfiando il petto. "Sono vuoto! Sono nessuno! E in questo risiede il mio potere!"
"Magnifico!" esclamò Nasreddin. "Allora, Maestro della Nullità, ti chiedo un favore semplice. Ho bisogno di aiuto per spingere il mio asino, che si è impuntato in un fango profondo qui vicino. Tu sei un nulla, dunque la tua schiena non sarà appesantita dal fardello, e la tua nullità ti conferirà la forza di un gigante, non è vero? Insegnami questo potere del nulla, spingendo la mia bestia!"
Ali impallidì. "Ma... ma Mullah, la mia nullità è spirituale! Non fisica! Sono un maestro, non un asinaio!"
"Ah," rispose Nasreddin, scuotendo la testa. "Quindi, quando si tratta di un lavoro faticoso, non sei poi così 'nulla', ma sei in realtà un 'maestro'? Strano. Pensavo che un nulla potesse fare qualsiasi cosa, compreso spingere un asino."
Nasreddin lasciò Ali a meditare sulla differenza tra l'essere nulla e l'usare la nullità come titolo.
Poi si recò da Fahri, il giovane che predicava la nullità gratuita.
"Maestro Fahri, Saggio del Vuoto!" lo salutò Nasreddin. "Ho una domanda: se sei veramente 'nulla', come affermi con tanta veemenza, perché hai speso tutti i tuoi risparmi per farti fare il timbro con scritto 'Fahri, il Niente Perfetto' da apporre sulle tue pergamene?"
Fahri si irrigidì. "È... è per autenticare l'insegnamento, Mullah! È un simbolo del mio raggiungimento del vuoto interiore!"
Nasreddin sorrise. "Capisco. Un 'Niente Perfetto' che ha bisogno di un timbro per essere riconosciuto come tale. Dimmi, Fahri, se un uomo si alza in piazza e grida a pieni polmoni 'Io sono nessuno! Ascoltate me!', chi sta parlando in realtà? Il nessuno? O un vanitoso che ha trovato un modo astuto per farsi notare?"
E poi, Nasreddin diede il colpo di grazia. Si rivolse alla folla di neofiti accorsi:
"Amici, vedo che molti di voi sono alla ricerca di un maestro che abbia realizzato la nullità. È un obiettivo lodevole. Ma ricordate questo: l'uomo che ha veramente realizzato la sua nullità, non avrà mai il tempo, la voglia, o l'orgoglio di dirlo a voce alta. Starà troppo occupato ad essere semplicemente utile, a spingere un asino nel fango, a riparare un tetto che perde, o a fare qualsiasi cosa debba essere fatta. E la sua nullità non sarà un titolo sulla porta, ma la tranquillità nei suoi occhi."
E continuò, la sua voce ora intrisa di un'ironia bonaria:
"Se qualcuno vi dice di aver raggiunto la nullità, dategli un secchio e chiedetegli di pulire i bagni. Se lo fa con gioia e senza sentirsi 'troppo maestro' per farlo, allora forse potrete cominciare a credergli. Fino ad allora, sappiate che la vera realizzazione della propria nullità è un lavoro silenzioso, non una conferenza a pagamento."
I Maestri Improvvisati della Nullità si sentirono immediatamente... molto piccoli, ma stavolta non in un senso spirituale, bensì molto, molto umano. Capirono l'errore: avevano scambiato l'ultima meta del percorso per la prima cosa da ostentare. La saggezza, come insegnò Nasreddin, non si ottiene dichiarando la propria nullità, ma dimostrandola nel silenzio dell'azione, lontano dalla pretesa di un titolo. Mentre la folla si disperdeva, lasciando Ali e Fahri umiliati e soli, il Mullah Nasreddin si incamminò in direzione della modesta tekke, dove il vero Maestro aveva assistito in silenzio all'intera messinscena. Quando Nasreddin varcò la soglia, trovò il Maestro seduto, con un’espressione serena.
"Hai fatto un ottimo lavoro, Mullah," disse il Maestro, senza alzare lo sguardo. "Quegli sciocchi avevano bisogno di una lezione pratica sul peso di un titolo. Il tuo asino, ovviamente, non si era impantanato affatto."
"Naturalmente," replicò Nasreddin con un sorriso. "È un asino abituato a lavorare sodo, non a farsi spingere da finte nullità. E ora, Maestro, permettimi di farti una domanda che mi arrovella da giorni, e per la quale Ali e Fahri si sono squagliati: Perché hai predicato l’insegnamento della nullità a persone che non erano minimamente pronte ad accoglierlo? Sapevi benissimo cosa sarebbe successo."
Il Maestro si alzò e si avvicinò a Nasreddin. I suoi occhi, solitamente austeri, avevano un lampo di divertimento.
"Ah, Mullah," rispose il Maestro. "Hai colto la mia più grande beffa."
"Io non sono il Maestro, Mullah. Sono l’amministratore e il tesoriere di questa tekke. Sono l’uomo che si occupa di pagare le bollette, riparare il tetto, e, sì, di tenere le conferenze per radunare nuovi allievi."
Nasreddin aggrottò la fronte. "Ma... ma il sermone sulla nullità?"
Il Maestro sorrise e fece un cenno verso il cortile vuoto.
"Il sermone sulla Nullità Perfetta è il mio metodo per selezionare gli allievi. È una trappola intenzionale. Quelli che si alzano e dicono 'Sono un nulla! Insegnerò!' sono gli sciocchi che, purtroppo, hanno fornito le quote d'iscrizione più generose prima di sparire. La loro vanità è la linfa vitale della nostra piccola scuola. Senza l'orgoglio di essere il nulla, non avremmo i fondi per nutrire e istruire i pochi che sono rimasti in silenzio."
Il Maestro scosse la testa.
"E i discepoli veri, quelli che hanno veramente compreso la lezione e sono rimasti qui?" chiese Nasreddin, incredulo.
"I veri discepoli non li vedi," rispose il tesoriere. "Stanno pulendo i bagni, Mullah. O sono al mercato a comprare provviste. La loro vera lezione non era il mio sermone, ma il mio esempio: L'unica persona che può permettersi di predicare la nullità è quella che non ha bisogno che tu la ascolti, e in realtà, la sta solo usando per finanziare l'aiuto a qualcun altro."
Il Maestro della tekke non era un Maestro, ma un astuto, pragmatico amministratore. Aveva usato l'orgoglio spirituale degli ambiziosi come una tassa per finanziare la vera umiltà e l'insegnamento di coloro che erano rimasti, gli unici che, pur non avendo proferito parola, avevano capito che il vero cammino non era dichiarare il proprio nulla, ma pagare in silenzio il prezzo per imparare.
Il Maestro indicò il secchio e la scopa in un angolo.
"Vuoi unirti a loro, Mullah? Solo i veri maestri della nullità sanno che i servizi igienici non si puliscono da soli. In cambio, potrai bere il nostro eccellente ayran."
Nasreddin scoppiò in una risata fragorosa.
"Bravo! Vedo che sei veramente un saggio, molto più dei tuoi 'maestri improvvisati'!"
Proprio in quel momento fece la sua comparsa Cemil, che aveva l'aria di un contabile piuttosto che di un asceta. Indossava una semplice tunica, ma portava con sé un piccolo, ordinato taccuino.
"Aspetta un momento, Mullah Nasreddin!" gridò Cemil, facendosi strada tra la folla che ancora si stava disperdendo. "La tua saggezza è ammirevole, ma ignora completamente la logistica della nullità!"
Cemil si piantò davanti a Nasreddin, aprendo il suo taccuino con un gesto solenne.
"Io, il Maestro Cemil, insegno la Nullità Efficace. E l'efficacia ha un costo. Ali può essere avido, Fahri può essere vanitoso, ma io sono pragmatico. Per insegnare a questo numero di persone," disse, indicando la folla (ormai notevolmente ridotta), "ho dovuto noleggiare la Sala del Tè del villaggio vicino. Questo comporta un costo di 30 kurus all'ora, più l'elettricità, il tè, e il costo del mio tempo di preparazione."
Cemil tamburellò sulla pagina del taccuino. "Tu suggerisci che la vera nullità è gratuita e si dimostra con l'azione silenziosa, ma ignori il fatto che per condividere questa nullità, c'è bisogno di uno spazio dove sedersi. Se io sono nulla, e tu sei nulla, e tutti sono nulla, chi paga il noleggio della sala in cui ci incontriamo?"
Nasreddin ascoltò con attenzione, il suo sorriso si allargava.
"Ah, Maestro Cemil," rispose Nasreddin. "Finalmente qualcuno che porta la Nullità al livello della contabilità spirituale! Ammiro la tua diligenza. Ma dimmi, Cemil, quando il tuo Grande Maestro ha predicato per la prima volta l'essere nulla, era in questa splendida tekke, vero?"
"Sì," rispose Cemil. "E il Maestro ha dovuto pagare per la costruzione di questo edificio, ovviamente!"
"Certamente," replicò Nasreddin. "Ma noi, qui e ora, siamo in piedi, sotto l'ombra di questo albero e il cielo aperto. Quanto costa noleggiare il cielo, Maestro Cemil?"
Cemil si bloccò, stringendo il suo taccuino.
"E dimmi ancora," continuò Nasreddin, la voce che si alzava con giocosa ironia. "Se l'obiettivo è realizzare che non si ha bisogno di nulla, perché hai bisogno di una sala del tè con sedie e cuscini? Se fossi veramente il Maestro della Nullità Efficace, potresti condurre la tua lezione sulla riva del mare, dove il rumore delle onde insegna la fugacità di tutte le cose meglio di qualsiasi tua parola. L'affitto costa zero kurus."
Nasreddin fece un passo verso Cemil e gli sussurrò all'orecchio in modo che la folla potesse sentire:
"O, ancora meglio: potresti insegnare la tua preziosa Nullità dalla cima di un albero cavo, dove il tuo solo 'costo di affitto' è la fatica di arrampicarti. Chi ti ascolta, se vuole la tua saggezza, dovrà fare la stessa fatica e imparare la vera umiltà. Dopotutto, se tu sei nulla, non hai bisogno di una sedia, e se i tuoi allievi sono nulla, non hanno bisogno di pareti, cuscini, o del tuo taccuino."
Cemil, il contabile spirituale, si sentì crollare ogni suo bilancio. Si rese conto che il suo attaccamento non era al denaro, ma alla comodità e alla struttura formale dell'insegnamento. Aveva trasformato la Nullità in un'impresa che richiedeva una "sede legale".
Nasreddin concluse, rivolgendosi alla folla:
"Vedete, amici. Ali voleva il titolo, Fahri voleva la fama, e Cemil voleva la Sala del Tè. Ognuno di loro ha scambiato l'essere nulla con il trovare un modo nuovo e astuto per ottenere qualcosa. La vera lezione di nullità non richiede una tassa d'iscrizione, né un taccuino, né tantomeno un contratto d'affitto. Richiede solo la volontà di essere utili, silenziosi e disponibili, proprio come un albero o la riva del mare."
E con un cenno all'Amministratore della tekke, che aveva osservato la scena con approvazione, e un occhio al suo portafoglio, Nasreddin si allontanò. Cemil rimase lì, a fissare il suo taccuino, cercando inutilmente di calcolare il costo di affitto del cielo e del mare.
