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Allegoria dei Tre Centri: La Tragedia dei Tre Fratelli nella Nobile Dimora


Nel cuore di una città dimenticata, essenziale per la logica del Creato ma invisibile alle mappe, sorgeva la Nobile Dimora, un'antica e complessa costruzione. Le sue fondamenta poggiavano sul Silenzio, e le sue mura erano fatte delle azioni e delle intenzioni di chi la abitava. Il proprietario, un saggio viandante di nome Mard, era perennemente assente – poiché non viaggiava solo quando la Dimora era in perfetto ordine e armonia, il che accadeva assai di rado. Mard aveva affidato la complessa gestione della Dimora e di tutte le sue risorse ai suoi tre figli: Aqlan, Hessam, e Tanavar.

Aqlan, magro come un palo da bandiera, abitava la vasta biblioteca all'ultimo piano, tra mappe celesti e polverosi volumi. La sua riserva di sostanza vitale era conservata in barattoli etichettati: "Ipotesi", "Teorema" e "Dubbio Metafisico". 

Hessam, robusto e sensibile come una prugna matura, risiedeva nella sala dei ricevimenti, tra broccati e specchi. Il suo nutrimento era in ampolle: "Tristezza Subito", "Gioia Senza Causa", e "Rabbia Improvvisa". 

Tanavar, forte e muscoloso, stava nelle cucine e nelle stalle, il piano terra, il più rumoroso; il suo tesoro consisteva in sacchi di datteri e farina. 

Ciascuno viveva in un costante stato di torpore, convinto che la sua porzione fosse l'intera Dimora, e quando provavano a parlarsi, il loro linguaggio veniva sempre frainteso.

Una mattina di quiete, un sassolino, lanciato da un ragazzino che giocava nella via – un'innocua impressione esterna – colpì con un tleng secco la grondaia della Nobile Dimora.

Il rumore raggiunse immediatamente Aqlan, che si svegliò di soprassalto. Nella sua testa si scatenò un tumulto di voci: una sussurrò che il fenomeno sonoro impulsivo non rientrava nel paradigma di quiete, un'altra ordinò di scrivere una dissertazione in tre volumi sulla natura ultima del tleng. Aqlan balzò in piedi, afferrò la penna e decise: 

"La Dimora deve essere sigillata! Dobbiamo trovare il significato profondo di questa vibrazione anomala, classificando tutte le interazioni possibili tra il sasso e la superficie!"

Quasi simultaneamente, il tleng penetrò la sensibile atmosfera della sala di Hessam. Le sue molteplici voci si accesero: una lamentò che il sasso era il segno che un amore perduto non sarebbe tornato, mentre un'altra pianse di gioia, credendo fosse la chiamata di un destino sublime. Hessam si alzò, il cuore in una tempesta di paura e speranza. 

"Dobbiamo fuggire in un paese caldo! O sposare il primo mendicante che passa! In ogni caso, è una cosa urgente e terribile!"

Al piano terra, Tanavar sentì l'eco sorda e vibrante. Le voci nella sua testa erano semplici: 

"Movimento. Corsa. Azione. Ripara. Forse è l'ora di mangiare? Solleva l'oggetto più pesante!" 

Tanavar si mise in moto con il passo pesante di chi non pensa ma esegue. Aveva capito solo che: 

"C'è un problema. Bisogna salire sul tetto, subito, e forse mangiare un dattero intero lungo il tragitto."

I tre si incontrarono nell'androne principale.

Aqlan guardò i fratelli con disprezzo. "Fratelli stolti! Ho dedotto che la causa di tutto è un errore strutturale nella logica della Dimora," sentenziò. "Dobbiamo chiudere tutti gli ingressi e fare una Mappatura Logica delle vibrazioni! E tu," disse, indicando Tanavar, "la farina che hai mangiato l'avevo destinata all'analisi della composizione della calce! L'hai rubata all'unica parte pensante!" 

Aqlan aveva confuso il cibo pratico con la polvere per i suoi calcoli – aveva rubato l'energia destinata all'azione per le sue vane elucubrazioni.

Tanavar, pur non capendo cosa fosse una "Mappatura Logica" (che per lui suonava come "Danza Stramba"), sentì la parola "chiudere" e si oppose. 

"Chiudere? Sciocchezze! La grondaia è rotta, dobbiamo salire! Movimento! Devo andare in alto! Ho fame e ho la forza di salire in un baleno! Tu (a Hessam) stai bloccando le scale con le tue gesticolazioni inutili! Spostati!" 

Hessam sentì solo le accuse di Aqlan e il rumore assordante di Tanavar. Scoppiò in lacrime: 

"Ah, mi odiate! Mi criticate! Volete rinchiudermi o usarmi come un mulo! Io sento la verità, e la verità è che... Dobbiamo andare al mercato e comprare una brocca di vino per dimenticare tutto! Aqlan ha torto, Tanavar è rozzo! Solo un bel sentimento può salvarci!" 

Con una mossa repentina, Hessam afferrò una borsa di monete che Tanavar aveva messo da parte per riparare la stalla. Tanavar, sorpreso, non realizzò il furto, ma solo che il suo movimento era stato interrotto, mentre Aqlan, paralizzato dal dovere di classificare la dinamica del furto (era un furto passionale? o una mossa strategica?), non riuscì ad agire. Hessam corse fuori. La Dimora, guidata dal "Sentimentale Fuggiasco", si allontanò dalla realtà.

Hessam, dopo aver speso l'oro per il vino e per abiti nuovi, tornò a notte fonda, sbronzo e pieno di inutile rimorso. Entrò urlando: 

"Sono un peccatore! La nostra casa è condannata!" 

Crollò in un sonno greve, esausto. La sua energia, rubata al fratello pratico per un effimero desiderio, era finita.

Il sole sorse e la Dimora si ritrovò sotto la tirannia della Riflessione Amara. Aqlan si svegliò, vide il fratello svenuto e interpretò la scena: 

"Aha! La mia analisi è confermata! La causa di tutto è la Volontà Sregolata! Ora che il meccanismo difettoso è inattivo, io sono il re!" 

Aqlan, credendosi il padrone, decise che la Dimora non doveva più muoversi né sentire, ma dedicarsi al "Grande Progetto di Meditazione Immobile".

A metà giornata, arrivò il Capo Esattore delle Tasse – una Necessità Ineluttabile. 

"Dove sono i soldi per la tassa di manutenzione? La vostra Dimora è sulla lista degli inadempienti!" disse, rivolgendosi a Tanavar.

Tanavar era sveglio, ma svuotato e affamato. Sentì solo "tassa", "soldi" e "manutenzione", ma non aveva la forza di agire. 

"Denaro? Non ho soldi! Sono stanco! (Indicando il fratello sbronzo) Chiedi a lui! È quello che si è mosso ieri! Io devo riposare! Non ho la forza!" 

Tanavar aveva speso l'energia, rubata dall'altro, e ora non poteva compiere il suo dovere pratico, indicando il colpevole passato, ma negando la sua responsabilità presente.

Aqlan sentì "Esattore" e "tassa", ma li classificò immediatamente come "Illusione". 

"Uomo, fermati! Non hai capito la profondità del nostro lavoro! La 'tassa' è un concetto puramente nominale. Invece, dimmi: la tua scarpa sinistra è logorata in modo casuale o teleologico?" 

Aqlan non solo non capiva l'urgenza pratica, ma cercava di costringere l'Esattore a pensare al suo linguaggio, chiudendosi alla realtà.

L'Esattore, confuso e irritato, disse: "Se non pagate, sequestreremo la Dimora!" 

Hessam si svegliò per un istante, sentì la parola "sequestrare" e la interpretò come: 

"Mard non tornerà mai! Siamo soli! Disperazione Eterna!"

E ricadde nel sonno, travolto da un'emozione inutile e paralizzante.

L'Esattore appose un sigillo di sequestro sulla porta principale della Nobile Dimora. Aqlan continuò a scrivere di logica incomprensibile, Tanavar cercò invano di muoversi, e Hessam pianse. La Dimora, ora condannata al degrado, aveva subito la paralisi perché i suoi tre guardiani non avevano saputo né sentire, né pensare, né agire in unità. Passò di lì un viandante dagli occhi luminosi, che somigliava a Mard. Vide il sigillo e i tre fratelli isolati nelle loro prigioni interiori, e disse amaramente: 

"Oh, poveri eredi! Il Forte è stanco per un viaggio non suo; il Sensibile ha bruciato le forze per una lacrima e non può agire; e il Sapiente, che vede ogni cosa, non vede il sigillo sulla sua porta!"

"La Nobile Dimora non crolla per colpa del vento o del tempo," mormorò, allontanandosi, "ma perché i suoi eredi, pur avendo tre voci, sono sordi e muti al linguaggio della Volontà Unificata."

E così, la Nobile Dimora rimase lì, un monumento a Mard che è una moltitudine di schiavi in lotta, convinti ciascuno di essere il vero re.





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